vita di o-haru, donna galante regia di Kenji Mizoguchi Giappone 1952
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vita di o-haru, donna galante (1952)

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locandina del film VITA DI O-HARU, DONNA GALANTE

Titolo Originale: SAIKAKU ICHIDAI ONNA

RegiaKenji Mizoguchi

InterpretiKinuyo Tanaka, Toshiro Mifune, Masao Shimizu, Ichiro Sugai

Durata: h 2.15
NazionalitàGiappone 1952
Generedrammatico
Al cinema nel Gennaio 1952

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Trama del film Vita di o-haru, donna galante

Tratto dal romanzo "La vita di una mondana" (1686) di Ihara Saikaku, "Vita di O-Haru, donna galante" tratta della vita di una donna che, per essersi innamorata di un giovane di classe sociale inferiore, viene cacciata da corte insieme alla famiglia. Venduta come concubina a un feudatario, dandogli un figlio che le viene subito tolto. La sua vita sarà un susseguirsi di umiliazioni e tristi eventi che la porteranno fino alla prostituzione...

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Voto Visitatori:   9,19 / 10 (13 voti)9,19Grafico
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Voti e commenti su Vita di o-haru, donna galante, 13 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Gruppo REDAZIONE amterme63  @  24/01/2015 22:52:02
   9½ / 10
Dopo aver esaltato ne "I 47 Ronin" lo spirito aristocratico, nobile e virtuoso del medioevo feudale giapponese, Mizoguchi ne fa un ritratto molto più duro e spietato in "Vita di Oharu". Cambia il punto di vista: se prima i protagonisti erano i nobili di corte, i samurai e tutto veniva visto e giudicato secondo il loro codice di comportamento (il senso dell'onore stabilito nel bushido); adesso il mondo viene visto dagli occhi sconcertati e addolorati della parte più debole, sfruttata e oppressa di quel mondo, cioè le donne del popolo.
Cade così tutto il paravento fatto di lussi, onori, grandi princìpi morali, ecc. e appare invece un mondo duro, rapace, insensibile, crudele, sfruttatore: l'altra faccia del medioevo giapponese.
Mai ho visto film che meglio di questo è riuscito a rappresentare la condizione di inferiorità e di sfruttamento a cui venivano sottoposte le donne in passato. E' un film quasi pedagogico da come presenta le vicende in maniera chiara e didascalica. L'intento morale di denuncia in questo film è però tutt'uno con la dolente e commovente umanità della protagonista. Più che una storia esemplare, il film è un omaggio ai dolori e al coraggio di una piccola grande donna del passato, una qualunque ma che vale per tutte.
Sotto accusa è la società, le sue spietate leggi (si favorisce il potente a scapito del debole) e le sue spietate regole (tutto ruota intorno al denaro e al sesso). E' un meccanismo infernale che condiziona e cambia anche chi non vorrebbe farne parte (come la sfortunata Oharu).
Prima di tutto deve fare i conti con l'ingiustizia delle barriere sociali (un samurai non può innamorarsi di una del popolo e deve essere ucciso), la disumanità dei nobili (viene usata per fare un figlio che poi le viene tolto), la grettezza e l'avidità di chi le sta attorno (addirittura il padre!). Nonostante cerchi di restare pura di cuore, la fame, la povertà la trascinano verso il basso; le circostanze la costringono a cedere a qualsiasi compromesso, a vendere la propria dignità. Insomma, anche lei sarà costretta a corrompersi per i soldi. In più deve subire l'umiliazione dei saccenti, dei perbenisti, che la indicano come il peccato, la feccia della società: oltre al danno, la beffa.
Si capisce perfettamente, alla fine del lungo flashback su cui si basa il film, perchè Oharu si trascina disperata, stanca, rassegnata. Mai scena finale è stata così dolorosa nel rappresentare una sconfitta umana, ancora più vera e onesta perché senza alcun tipo di riparazione o consolazione fittizia. L'unico "omaggio" è quello che le fa il regista, riprendendola con l'enfasi, il rilievo e il pathos che in genere viene concesso all'"eroe". Almeno l'arte le rende giustizia.
Film visivamente e stilisticamente molto bello, peccato per alcune lungaggini (dura forse troppo) e qualche momento di stanca.
I cinefili non devono mancare la visione di questo film, per me il migliore di Mizoguchi visto fino a ora.

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