vivere - ikiru regia di Akira Kurosawa Giappone 1952
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vivere - ikiru (1952)

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locandina del film VIVERE - IKIRU

Titolo Originale: IKIRU

RegiaAkira Kurosawa

InterpretiMakoto Kobori, Nobuo Kaneko, Takashi Shimura, Kyoko Seki

Durata: h 2.23
NazionalitàGiappone 1952
Generedrammatico
Al cinema nel Novembre 1952

•  Altri film di Akira Kurosawa

Trama del film Vivere - ikiru

Malato di tumore, anziano funzionario giapponese si dedica interamente all'impresa di trasformare una zona palustre in un campo di giochi per bambini. Quando muore, soltanto le madri dei bambini si ricordano di lui.

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Voto Visitatori:   9,12 / 10 (41 voti)9,12Grafico
Voto Recensore:   9,00 / 10  9,00
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Voti e commenti su Vivere - ikiru, 41 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Gruppo STAFF, Moderatore Jellybelly  @  30/09/2023 19:16:01
   8½ / 10
Grandissimo film di Kurosawa, piuttosto atipico rispetto ai suoi celebri drammi storici ma ugualmente concentrato sulle profondità dell'animo umano. In questo caso ad essere scandagliato è l'animo di Watanabe e della sua ricerca del senso della vita, sapendo di dover morire. La sua disperata ricerca di qualcosa per cui valga la pena vivere e morire è poi resa ancora più triste dal contrappunto dell'insensibilità del figlio e della nuora, dalla superficialità dell'amante e dal cinico opportunismo dei politici, soprattutto nella parte finale del film: strepitoso Kurosawa nel riuscire a tenere le fila degli stati d'animo dello spettatore, che vorrebbe quasi entrare nel film per svelare a tutti l'animo di Watanabe ed il perché abbia insistito tanto sul parco.

Bravissimo, come sempre, Shimura.

Snake Plissken  @  05/09/2018 13:05:51
   10 / 10
Rielaborazione libera ma chiara di "La morte di Ivan Ilic" di Tolstoj, "Vivere" è un film commovente ma non commosso che riflette con lucidità e precisione su due tematiche: la prima è un uomo che, coinvolto in una corsa contro il tempo e contro la morte, si rende conto di avere sprecato una vita intera e, dopo alcuni vani tentativi (l'uscita con lo scrittore e l'innaturale e morboso interesse per la giovane collega) riesce a trovare un'azione che può ridare senso alla sua esistenza. La seconda tematica è la feroce critica alla burocrazia, che soffoca sotto montagne di carta la magia della vita. Pellicola assolutamente imperdibile per la poesia con cui racconta la storia, per la ricchezza con cui la sceneggiatura dipinge la galleria di personaggi, per la regia dinamica e brillante e per la stupenda interpretazione di Shimura che, con l'andatura curva, i gesti impacciati e gli occhi perennemente tristi e pensosi, comunica sul senso di morte più di quanto qualunque retorico monologo avrebbe potuto fare.

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C_0_  @  16/10/2017 17:08:58
   5 / 10
Mi dispiace dare questo voto ma sinceramente più di questo non so dargli. L'idea di partenza è veramente buona ma la realizzazione io la trovo davvero troppo noiosa. Soprattutto il finale in cui i colleghi raccontano è veramente pesante. Il mio unico pensiero era "ma quando finisce?" Tra l'altro io sinceramente non ho trovato nemmeno il protagonista così bravo come molti dicono. Sarà che doveva fare quella parte ma l'ho trovato davvero troppo sotto le righe. Non si arrabbia mai nonostante tutto quello che gli succede.

Filman  @  24/09/2016 17:18:17
   9½ / 10
Secondo una specialità di Akira Kurosawa, IKIRU ("To Live") costruisce una sorta di epicità terrena partendo da un toccante racconto umano che si evolve secondo la profondità emotiva dei protagonisti, e anche in questo ennesimo capolavoro del regista si può assistere ad una pellicola drammatica straordinariamente originale e brillante, ricamata secondo una sceneggiatura dalla forma narrativa anch'essa innovativa a tutti i costi. Nello specifico, così come non si era mai visto un uomo interfacciato alla propria esistenza, costretto a guardare la morte negli occhi per poi cercare letteralmente e metaforicamente il senso della vita, un'altra novità cinematografica la troviamo in una linea narrativa che spezza la trama a due terzi per poi proseguirla in modo atemporale, al fine di delucidare lo sviluppo del personaggio principale, raggiunto dove lo avevamo lasciato. Questa favola umana struggente e illuminante, si affaccia sugli ideali del regista e autore secondo cui la società attuale solo con l'abbattimento delle proprie convinzioni può recuperarsi dal suo degrado esistenziale, che comprende, in questo caso, una cultura del lavoro consolidata al funzionamento di una società di massa burocratica e priva di anima, compendio temi che confermano la grandezza di Kurosawa anche nel gendaigeki, ambientazione contemporanea che gli permette di parlare di poetiche universali con una forma comunicativa ampia la quale non necessita di classicismi.

Invia una mail all'autore del commento nocturnokarma  @  04/02/2013 15:42:57
   9½ / 10
Struggente ed intenso avvicinamento alla morte, non solo nell'accettarla ma nel trovare in essa un motivo per sistemare le cose, dare un senso al proprio lavoro e alla propria vita.

Ed è proprio partendo dalla condanna dell'alienazione di un impiegato che Kurosawa crea un'opera cupa e vivida, un'immagine non certo da cartolina del suo Giappone a qualche anno dalla Seconda Guerra Mondiale. Andando ben oltre la condanna di una società, Kurosawa parla di uomini e di sentimenti, di cose non dette e d'incomunicabilità (anche tra padre e figlio), e lo fa con uno stile modernissimo, con flashback intelligenti e un'ultima mezz'ora che ricalca Rashomon.

Capolavoro di umanità, mai patetito, sempre sincero.

m3tal  @  02/11/2012 18:53:16
   10 / 10
Un capolavoro sulla vita, per la vita.
Ed è bello rimanerne impressi e ricollegarlo al mondo attuale ben sessant'anni dopo la sua realizzazione.

Invia una mail all'autore del commento luca986  @  08/09/2012 00:22:09
   9½ / 10
Straordinario. Mi ha ricordato Il posto delle fragole, ma penso sia anche meglio!

speXia  @  13/07/2012 13:24:04
   9 / 10
Un film poetico e molto toccante, che ha nella sua storia dei bellissimi spunti su cui riflettere, ovvero la vita e il suo immenso valore. Per niente smielato o forzatamente strappalacrime, Vivere colpisce soprattutto per la grande umanità del protagonista, Watanabe, e per la capacità di trasmettere con efficacia allo spettatore messaggi importantissimi.

Regia impeccabile, attori bravissimi, belle anche le musiche.

Da vedere assolutamente.

Beghetto_  @  18/01/2012 20:36:57
   9½ / 10
Film stupendo da consigliare a tutti che fa ben capire anche quali siano i valori della vita e di quanto breve può diventare se viene sprecata.

Fratuck89  @  05/12/2011 13:46:06
   9½ / 10
bellissimo film, in cui viene criticata la burocrazia degli uffici comunali, e la mancanza di professionalità da parte dei dipendenti, uno di questi scopre di essere gravemente malato e si adopera per realizzare qualcosa di buono prima di morire, film autentico, realizzato in modo magistrale.

incubodimorte  @  27/03/2011 18:28:57
   9 / 10
Ottimo film, profondo quanto basta. Leggendo la trama ho pensato che fosse la solita storiella banale strappalacrime e invece è un film che fa davvero riflettere. C'è da dire che nella parte finale i colleghi di Watanabe mi hanno scatenato una certa misantropia. Il bianco e nero ci sta proprio bene, con quel senso di grigiore e apatia di un uomo lascia scorrere il tempo senza viverlo.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Tumassa84  @  30/10/2010 05:20:53
   9½ / 10
AVVISO CHE QUESTO COMMENTO CONTIENE NUMEROSI SPOILER

Ikiru è un film che lascia nello spettatore un segno indelebile; un'opera magnifica, toccante, lucida, magistrale e disillusa sulla vita e sulla morte, lasciataci dal maestro Kurosawa Akira. Shimura Takashi interpreta, in maniera sublime, Watanabe, un uomo di mezza età come ce ne sono tanti, che ha speso la propria vita in un noioso e insulso lavoro da impiegato comunale per crescere un figlio irriconoscente. Un giorno, però, scopre di avere un tumore allo stomaco e che gli rimane poco tempo da vivere. Comincia così a pensare e a riflettere sulla propria vita, rendendosi conto di tutto il tempo che aveva sprecato: la sua sfida, così, è quella di riuscire a vivere intensamente almeno per quel poco tempo che gli è rimasto. I primi tentativi, ovvero cercare di godersi la vita mondana e provare a stringere una relazione con una donna, non gli daranno i frutti sperati. In realtà la risposta era sempre stata vicino a lui, solo che l'esser succube di un sistema che porta al lassismo generale lo aveva reso cieco. Bastava impegnarsi nel proprio lavoro al cento per cento, che motivi per vivere con energia ce ne sarebbero stati a bizzeffe; e così decide di prendere a cuore la richiesta, sempre ignorata, di un comitato per la costruzione di un parco giochi per bambini, nonostante ciò lo porti a scontrarsi con i poteri forti della città. E qui Kurosawa tira fuori il colpo di genio, perchè invece di mostrarci il protagonista assurto a nuova vita (l'happy birthday non a caso viene cantato il giorno in cui egli capisce come spendere i suoi ultimi mesi) ci porta direttamente al suo funerale, e solo tramite le parole dei suoi colleghi e alcuni brevi flashback potremo ricostruire il periodo mancante. E i colleghi più parlano di Watanabe, più se ne commuovono e comprendono che anche loro dovrebbero imparare la sua lezione e iniziare una nuova vita prendendo a cuore i problemi della gente. Ma è nell'ultima, disillusa scena che Ikiru si eleva allo status di capolavoro: alcuni cittadini si recano all'ufficio da questi impiegati "redenti", ma la loro richiesta viene di nuovo rimbalzata esattamente come accadeva prima. Un collega, quello che era stato più toccato dalla vita/morte di Watanabe, si alza, fa per dire qualcosa, ma le occhiate di tutti lo respingono dietro la pila di documenti e scartoffie, dove si va a nascondere anche l'occhio triste della telecamera. Triste messaggio che ha una duplice valenza, e si rivolge indirettamente anche allo spettatore: dopo la visione di questo film egli probabilmente sarà toccato e farà varie riflessioni sulla propria vita, ma è quasi sicuro, sembra dire Kurosawa, che da domani mattina tornerà ad essere quello di prima e a ripetere i soliti errori. Fino a quando non scoprirà (o capirà) che gli rimane poco da vivere.

thamadartist  @  29/06/2010 19:47:34
   9 / 10
uno dei miei film preferiti del mio regista preferito, anche se gli attori lasciano un po' addesiderare.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR elio91  @  19/06/2010 10:36:46
   8 / 10
Una delle parabole più amare e pessimiste di Kurosawa che però riesce al contempo ad avere una sensibilità unica.
Lo straordinario attore che interpreta Watanabe è davvero commovente,così come commovente è l'utilizzo astuto e riuscito di flashback e anche salti nel futuro per spiegare punti focali della vita del protagonista.
Il film è diviso in due parti,di cui la finale è meno convincente della prima incentrata ancora di più sul protagonista e sulla sua scoperta del tumore che lo sta uccidendo. Subito dopo aver appreso la notizia il suo è un tentativo vero e proprio di vivere le gioie e la giovinezza che invece ha passato sui fogli e le pratiche del suo lavoro al Comune,ma è troppo tardi per questo. Allora non gli resta che un'ultima speranza,dettata dal cuore...
Invece nel finale assistiamo alla prepotenza della burocrazia che si prende tutti i meriti e anche i demeriti per annullare il gesto di un individuo,sia esso un piccolo gesto esemplare, fatto in punto di morte.
Non lascia quindi scampo l'amaro finale: Watanabe si è riscattato ma a nessuno importerà,sommersi letteralmente dalle pratiche burocratiche che limitano i rapporti e la comprensione tra persone.
è proprio la perdita di rapporti umani a dispetto di un lavoro freddo e passivo il tema che Kurosawa vuole affrontare con maggiore importanza: già la scena in cui i dottori non vogliono parlare a Watanabe,illudendolo, del suo enorme problema a dispetto della sua condizione ne è l'esempio lampante che continua fino alla fine inevitabile e,forse,già annunciata.
Resta però il piccolo ma enorme gesto di un uomo che la sua morta l'avrà vissuta esattamente con la stessa espressione contenta e felice di quando è sull'altalena. Il guaio è che solo noi spettatori ce ne ricorderemo.

TheLegend  @  14/06/2010 13:57:07
   8 / 10
Film carico di significato del maestro Kurosawa.
é il primo film che vedo di questo regista ma ne sono rimasto a tratti affascinato.

_Hollow_  @  25/04/2010 03:05:44
   10 / 10
A mio parere il film più bello mai realizzato,tra quelli del maestro Kurosawa lo preferisco addirittura al tanto decantato "I sette samurai". Ho sempre odiato quella descrizione di "film sulla vecchiaia" ,chi pensa sia unicamente sulla vecchiaia deve aver capito ben poco di questa pellicola (di certo non è stato intitolato "Vivere" a casaccio). Film semplicemente profondo quanto poetico,impossibile non innamorarsi del personaggio di Watanabe,sorridendo nel vederlo felice e versando qualche lacrima nel vederlo triste ... la sua vita,riassunta in poco più di due ore,non poteva essere raccontata in modo migliore ... (v. spoiler per un commento conclusivo)

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edmond90  @  29/03/2010 22:32:34
   10 / 10
Il corrispettivo orientale di Umberto D.Ennesimo capolavoro del regista giapponese,che si avvale in questa occasione della grandissima interpretazione di Shimura,sicuramente la più intensa della sua carriera.

ds1hm  @  07/08/2009 09:12:41
   8½ / 10
concordo pienamente con il parere di uno degli ultimi utenti.
ovvero la parte finale mi procura una strana sensazione di fretta, di mancata analisi della morte, sopratutto nel banchetto funebre c'è qualcosa di troppo scarno, un senso di rimorso generale che non condivido.
la parte iniziale, la descrizione del personaggio attraverso il suo non vivere è una rappresentazione magnifica e crudele, un esempio eterno per tutta l'umanità di come vivere, del senso di insoddisfazione insito nell'uomo, della gabbia crudele che è la vita e delle inevitabili delusioni del rapporto genitori-figli.

Tom24  @  28/07/2009 00:41:10
   9½ / 10
La semplice umanità di Takashi Shimura. Siamo nel 1952. Pietra miliare senza tempo.

bulldog  @  24/07/2009 16:57:01
   8½ / 10
Un romanzo di Dostoevskij portato sul grande schermo.
Gran film del maestro Kurosawa.
Se devo riportare una pecca è la seconda parte del film..

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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Ciumi  @  10/07/2009 07:15:26
   9 / 10
Vi s'incontrano avvenimenti durante il corso della vita, immagini, parole talvolta, che donano ali vigorose ai pensieri, li fanno volare al di là d'orizzonti, oltre le sfere del conoscitivo. Di contro, ve ne s'incontrano altri, forse più rari ancora, che riconducono queste riflessioni a spazi terreni, a fatti più pratici e concreti.
E' ciò che ha suscitato in me la visione di questo film, la cui solenne flemma squilla profonda come un rimprovero.
Nel culmine di un'esistenza sopita, la consapevolezza della fine imminente resuscita in un anziano forze inattese, una passione che passa da quella effimera per una donna, a quella più appagante per la realizzazione di una grande opera di carità. Notevolissimo lo stile, dove, a morte del protagonista avvenuta, la narrazione svolta di colpo: si fa fredda e insieme commossa, procede per ricordi, diventa frammentaria, viene analizzata dai vari punti di vista come è stato fatto varie volte nelle altre pellicole del maestro giapponese.
"Vivere" non è dunque soltanto un grande film sulla vecchiaia. E', a mio parere, innanzitutto una lunga riflessione sulle possibilità sprecate, sulle forze inespresse, una denuncia all'inettitudine ed un appello all'interventismo. E' la storia di un "uomo che piantava gli alberi", la cui esperienza non dilaga forse in un incatenarsi d'eventi come nel romanzo di Jono, ma rimane più isolata, sfonda alcune porte per poi doversi inevitabilmente arrestare dinnanzi ai cancelli invalicabili della burocrazia, trova i suoi argini nella strumentalizzazione dei politici…
resta limpida nella commemorazione dolorosa delle madri, però, nei sorrisi dei bambini, in un'altalena sopra la quale riflettere e sognare.

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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento emans  @  01/05/2009 00:34:50
   8 / 10
Geniale ennesimo esempio di come Kurosawa sia capace di far emergere da storie comuni grandi capolavori!
La "vita"(?) di un vecchio impiegato che scopre di avere pochi mesi di vita(che poi in realta' non glielo dice nessuno,ma lo intuisce)e che cerca di usare al meglio il tempo restante...Ma tutto quello a cui lo spinge la carne non funziona:alcol,donne e persino il rapporto con il figlio non riescono a farlo sentire "vivo"!
Poi l'idea di fare qualcosa per qualcun altro...
Una pecca che ho riscontrato rispetto ad altri film di Kurosawa è che qui si "parla" troppo...Il messaggio a cui deve arrivare lo spettatore è abbastanza chiaro gia' con le immagini e non c'era bisogno di sottolinearlo anche con le parole...la voce fuori campo all'inizio,il discorso con il tizio al bar e le lunghe discussioni finali di fronte al morto si potevano ridurre notevolmente perche servono solo a confermare i concetti a cui eravamo gia' arrivati...Ed è sempre meglio intuire che indovinare una cosa!

P.S. qualcuno sa dirmi dove posso trovare la traduzione del testo della canzone cantata dal protagonista?

Gruppo COLLABORATORI ULTRAVIOLENCE78  @  25/03/2009 17:11:31
   8½ / 10
Akira Kurosawa mette in scena una parabola esemplare, permeata di lirismo e amarezza, che assurge, da un lato, ad accorato monito sulla caducità e precarietà della vita, troppo breve e importante per essere totalmente dilapidata in vane e vacue attività; e dall’altro ad emblema di una profonda rassegnazione, che però viene espressa con vivida rabbia e con mordace slancio contro un sistema –quello burocratico- che sembra presentarsi come il riflesso della natura umana, bieca e indifferente.
Kanji Watanabe, irreprensibile impiegato comunale, che da oltre trent’anni svolge diligentemente il suo lavoro senza aver fatto un solo giorno di assenza. Proprio l’appressarsi della morte lo desta dal torpore di una vita vissuta, dalla morte della moglie, trascinandosi meccanicamente in una quotidianità sempre uguale a se stessa; la coscienza dell’incombenza della fine gli consente di riflettere sulla sua esistenza, sull’“utilità dis-utile” in cui è giornalmente affaccendato. Comincia così ad assentarsi sul posto di lavoro, cercando dapprima di (ri)trovare le emozioni suscitate dal contatto umano, dalle relazioni con gli altri; e poi, una volta avvedutosi della freddezza altrui –fatti salvi quei fugaci e illusori momenti di empatia vissuti con una giovane ex-collega d’ufficio, impegnandosi strenuamente sul lavoro al fine di ottenere il nullaosta per la costruzione di un parco giochi in un’area paludosa abbandonata.
L’epilogo della vicenda lascia lo spazio a tutta l’amarezza e al senso di rassegnazione per il “deserto umano” che ha circondato il protagonista sia prima che dopo la sua morte (e che emerge in maniera estremamente efficace, in virtù del gioco di flashforward e flashback). Non c’è esempio e sacrificio che tengano: tutti tornano alla miseria e alla meschinità delle occupazioni e dei loro affari, rimovendo completamente l’insegnamento estremo lasciato dallo stesso Watanabe, che cadrà immancabilmente nel vuoto. Questi si è avveduto dell’insensatezza e dell’apatia della propria esistenza, una volta presa coscienza della sua finitezza: la sua battaglia non ha saputo illuminare le persone che gli stavano accanto, forse perché queste, contrariamente a lui, pur sapendo che la vita ha un limite, non ne erano veramente consapevoli.

1 risposta al commento
Ultima risposta 25/03/2009 19.20.31
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momo  @  05/08/2008 21:34:20
   8½ / 10
Non è il film che preferisco di Kursawa. Sebbene presenti tutti i temi che lo hanno fatto diventare grande, con qualche aggiunta. L'abitudine come ostacolo alla felicità, la frustazione causata da una burocrazia che non si assume i propri oneri, il difficile rapporto padre e figlio accompagnano il protagonista nella ricerca della propria realizazione, sarà una ricerca per tentativi, molto umana ma che comunque porterà i suoi frutti. Sembra che, come alla vita, la stessa cosa capiti alla verità che inesorabilmente, placida, si fa largo tra la menzogna per venire alla luce e mostrarsi in tutta la sua completezza. Già in precedenti opere (vedi Rachomon) il regista aveva sviluppato il tema ma solo in questa la tragicità, l'ingiustiza della vita si risolvono in un seppur drammatico happy ending.

Gruppo COLLABORATORI Zero00  @  26/06/2008 17:31:24
   8½ / 10
Gran bel film, duro e freddo, che non si lascia andare a patetismi inutili e irritanti. Facilmente divisibile in due parti, è la storia di un uomo che scopre se stesso solo quando è sul punto di morire. Una storia di invidia, debolezza e impotenza, ma anche di forza di volonta e riscatto.

Invia una mail all'autore del commento domeXna79  @  29/03/2008 12:51:29
   9 / 10
Altro capolavoro del maestro giapponese Kurosawa.
Cosa significa vivere, riscoprire un’esistenza minata da un passato che, come le pile di incartamenti allocati sulla scrivania, si è fatto (o forse lo è sempre stato) polveroso, grigio, insignificante, tutto questo perché è svanita la meta da raggiungere, un tangibile obiettivo per cui adoperarsi ogni singolo giorno ..così l’animo tormentato del protagonista vaga alla ricerca di qualcosa che lo elevi dal quel torpore, un segno, una traccia che rimanga nel ricordo delle persone, ed infondo far si che si possa dare un senso alla propria “breve” esistenza ..così vediamo mischiarsi l’effimero tentativo di allontanare i pensieri con l’alcool (l’incontro con lo scrittore) ma anche uno sguardo verso il passato (la giovane impiegata) che riappare nella freschezza e nella gioia di chi vive un’età spensierata ..alla fine una strada si apre dinnanzi allo sguardo del vecchio capoufficio, ed è quella che gli è sempre stata vicina..
Accuratezza nel montaggio, alternanza di ironia e lirismo in alcune scene, profondità dell’analisi introspettiva ed un richiamo alla narrativa russa, sono ingredienti che il grande regista nipponico riesce mirabilmente a miscelare creando un’opera coerente e completa, malinconica ma anche ricca di speranza ..una vera poesia l’immagine del vecchio Watanabe che, nel freddo della notte e facendosi dolcemente cullare su un piccolo dondolo, canta un inno alla gioia..
Suddiviso sostanzialmente in due parti, il racconto scorre più fluido nella prima rispetto ad una seconda indubbiamente più pesante (in cui peraltro assistiamo ad una sottile critica politica resa perfetta dall’intervento sulla scena del sindaco durante la veglia funebre e non solo) ..da molti accostato a “Umberto D” di De Sica e “Il posto delle fragole” di Bergman per la tematica trattata (l’età senile), in realtà credo che l’opera di Kurosawa in parte si discosti dalle due precedentemente citate, questo per un respiro più ampio che il maestro giapponese da alla narrazione, tale da abbracciare passato-presente-futuro in un’ottica lontanamente individualistica.
Un vero classico del cinema d’autore ..imperdibile!

2 risposte al commento
Ultima risposta 30/03/2008 20.56.15
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Invia una mail all'autore del commento wega  @  27/03/2008 12:10:12
   9 / 10
Impossibile non pensare ad "Umberto D." solo di un anno precedente, ma del quale il regista era ignaro dell'esistenza, ed "Il posto delle fragole". Probabilmente "Vivere" forma, con gli altri, la trilogia cinematografica perfetta sulla vecchiaia, ma questo film non è assolutamente paragonabile agli altri due, diverso perchè è la struttura narrativa stessa ad esserlo, e anche per la tipologia della tematica trattata.
Sarebbe riduttivo catalogarlo come film sulla vecchiaia, più che altro è un film sulla vita e sulla morte, la presa di coscienza di quest'ultima e il tentativo di estraniarla, cercando per la prima volta appunto di vivere.
E' un film che non ha un corrispettivo d'età, il punto forte di questa pellicola sono la straordinaria sceneggiatura, sia per la struttura fatta di flashback ed un fastfoward, sia per l'assoluta mancanza di ogni forma di retorica; e l'incredibile interpretazione di Shimura.
I suoi silenzi iniziali, la sua educazione e rispetto per gli alti fa in modo di immedesimarci con la storia , ci rende partecipe delle sue sofferenze, ed in qualche modo riesce a far male anche allo spettatore stesso.
Non manca la critica sociale al sistema burocratico, un sistema di scaricabarili perfattamente oliato, non nascondo che mi ha ricordato molto la satira di "Brazil".
Diversi i momenti sensazionali del film, il simbolismo della mazza da baseball, che serve da lucchetto della porta, con la quale il protagonista ricorda i momenenti felici trascorsi a vedere le partite del figlio, ma che ora sente distante, dichiarerà di non averlo più un figlio, di non sentirlo più, un pò come una porta chiusa nei suoi confronti. La nottata brava sulle strade di una Tokyo irrefrenabile, e l'indimenticabile, nonchè una delle più poetiche in assoluto della storia del cinema, immagine del fuzionario poco prima della sua morte sull'altalena del parco giochi, poesia della neve che cade, in sinergia, ad ogni spinta del protagonista.

conway  @  25/11/2007 17:08:49
   10 / 10
Ciò che mi ha colpito di questo capolavoro è il distacco e la lucidità con cui Kurosawa racconta la storia, senza cadere in patetismi o giocare su facili sentimentalismi, e senza tuttavia risultare cinico e privo di sentimento, ma anzi emozionando in ogni momento e facendoci sentire vicini al personaggio.

Poi l'assenza di retorica. Anche gli altri personaggi, i famigliari, i colleghi, non vengono mai demonizzati, ma giustificati nella loro natura umana oppressa dalle regole della società.

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Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  18/11/2007 12:51:07
   9 / 10
Vivere è il riscatto di una persona, che all'approsimarsi della sua morte, vuole dare un senso alla propria vita, fin lì grigia ed inutile, piegata ad un servilismo tipico delle macchine burocratico-amministrative.
Kurosawa è spietato nel descrivere il grigiore dei burocrati, una casta lontana dai problemi del dopoguerra giapponese rappresentato in maniera realistica, già in precedenti pellicole come l'Angelo ubriaco e Cane randagio. La migliore interpretazione in assoluto di Shimura.

Dick  @  15/11/2007 20:07:01
   9 / 10
Kurosawa affronta mirabilmente in questo film i temi del sopravvivere e quello del vivere, tramettendo che se nessuno non fa veramente niente, allora è già morto. Ed infatti il protagonista fa in pochi mese più di quanto abbia fatto in 300 d' impiego statali. Non manca neanche una riflessione sul tempo che passa come quando ripensa all' educazione del figlio ed ai momenti vissuti con lui

Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILER e quello del confronto tra generazioni

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Il modo di raccontare poi non è patetico e compassionevole e in certi punti come

Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILER si fa decisamente cinico.

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Già che c' è appunto un altro tema è quello dell' imcapacità delle isituzioni che pare che non ascoltino i cittadini e le loro richieste e

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Gruppo REDAZIONE amterme63  @  11/10/2007 23:34:15
   8½ / 10
Il film tratta soprattutto due tematiche: una esistenzialista in cui si riflette sul senso della vita, sull’atteggiamento umano nei confronti della morte e sul difficile rapporto fra anziani e giovani; l’altra più prettamente politica è un atto di accusa verso la classe degli amministratori pubblici. Dal punto di vista stilistico si distingue per un certo eclettismo. Infatti si mescolano diversi stili e modi di ripresa, che rendono l’opera un po’ strana e a volte spezzettata. All’inizio c’è una voce narrante che spiega tutto (come usava in Giappone al tempo del muto), poi si usa lo stile di Quarto Potere con flashback e molti piano sequenza, infine si utilizza la tecnica a testimonianza di Rashomon.
Il soggetto è quasi neorealista. Il protagonista è infatti una persona anziana umile e antieroica. Ci viene presentato come un impiegato comunale mediocre, senza attrattive, pieno di piccoli difetti, anche se con l’animo buono. La sua è la vita di un perdente, di uno che ha solo subito e pensato che bastasse solo seguire le norme sociali esteriori per condurre la propria vita. Tanti primi piani impietosi ci mostrano la sua faccia di cane battuto, amareggiato o disperato; spesso lo vediamo umiliato o deriso, piegato sotto il peso del dolore o della tristezza. Come il protagonista di Il posto delle fragole, il rivelarsi improvviso di un termine lo porta a riconsiderare se stesso, quello che ha fatto fino ad allora e il suo rapporto con chi gli sta intorno. Si accorge troppo tardi di non avere vissuto, di avere fatto scorrere il tempo per niente, di non aver realmente dimostrato il suo amore verso il figlio, pagando le conseguenze dell’incomunicabilità. La solitudine gli pesa come un macigno, come al povero Umberto D. Riesce comunque a trovare una via d’uscita alla disperazione estrema, cercando uno scopo per i pochi mesi che gli restano: lasciare una traccia indelebile della sua presenza terrena, realizzando un giardino di giochi per bambini. Finalmente in extremis ha trovato uno scopo per la sua vita.
Certamente non c’è nessun premio da aspettarsi dall’altruismo. Il suo lavoro non viene pubblicamente riconosciuto. Le autorità si appropriano dei suoi meriti, nonostante la loro inerzia e quasi disturbo nel vedersi scavalcate. Qui la critica alla burocrazia è molto netta: sono solo parassiti inutili e distruttori di ogni iniziativa individuale o democratica. Erano gli anni in cui in Italia e in Giappone si stava formando una classe politica pubblica fatta di clientele e interessi che avrebbe avvolto e immobilizzato i due paesi. Kurosawa aveva pessimisticamente previsto il parassitismo e i guasti di tale classe.

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Gruppo COLLABORATORI Terry Malloy  @  16/08/2007 19:29:20
   9 / 10
se non è il mio preferito del Maestro (ho preferito I Sette Samurai), rimane una delle massime opere cinematografiche del Cinema.
si possono dire milioni di cose su questo capolavoro, io mi soffermo solo su una: geniale più di ogni altra cosa è la struttura fisica di Watanabe, il suo piegarsi in continuazione è metaforico dello spirito giapponese e più in particolare dell'"impiegatuccio dostoevskijano e kafkiano" e kurosawa ha inserito la sua critica nel modo migliore, ovvero con i primi piani; laddove infatti la volontà cede, la dignità viene meno, il servilismo trionfa, il regista accusatorio e trasgressivo, coraggioso e sapiente osserva tutti i volti uno ad uno, li ritrae, li immortala nella loro mediocrità e l'unico che osserva da pari a pari è Watanabe in una delle immagini più belle della storia del cinema, ossia quella dell'altalena. una straordinaria opera sulla vecchiaia, un raro esempio di cinema sociale e morale, una testimonianza sul senso della vita davvero meravigliosa. grazie Maestro!

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Ultima risposta 06/09/2007 14.07.40
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Beefheart  @  08/07/2007 01:46:42
   8 / 10
Eccezionale dramma umano dai riflessi kafkiani. Fantastico come viene raccontata la non-vita di Watanabe, burocrate impiegato comunale, capo dell'ufficio richieste, rappresentato chino e spento, armato di timbro, davanti ad uno sfondo di pile infinite di scartoffie e pratiche irrisolte. Allucinante l'alienazione generale da lavoro insulso, ripetitivo ed ipnotico, che imbruttisce lui ed i suoi colleghi. Perfettamente riuscita la rappresentazione del gioco al rimbalzo tra gli uffici della pubblica amministrazione che con noncuranza si palleggiano le incombenze sino a renderle trascurabili. Ammirevoli, infine, la dignità e la sobrietà con le quali Watanabe apprende, accetta e addirittura valorizza, l'evoluzione del suo male incurabile, traendone la spinta emozionale necessaria ad aprire gli occhi ed iniziare a vivere come avrebbe dovuto fare da sempre. Altro buon film di Kurosawa, inaspettatamente distaccato, quasi cinico, che analizza lucidamente l'uomo, la morte e ciò che li lega, senza sfociare nel patetico o nella retorica. Molto bravo e convincente Takashi Shimura nella parte del protagonista. Da vedere.

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Ultima risposta 09/07/2007 19.52.15
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AKIRA KUROSAWA  @  31/05/2007 12:48:02
   10 / 10
scuramente uno dei piu bei film del mitico e miglior regista orientale di sempre akira kurosawa. i temi di questo film sono molto simili a quelli affrontati nel posto delle fragole di bergman ( che pero viene dopo) e umberto d di vittorio de sica. sicuramente è uno dei film piu profondi che abbia mai visto , ma anche tra i piu commoventi.
super la prova di takashi shimura, probabilmente la migliore in assoluto per un attore giapponese, secondo me è alla pari con mifune.
stupenda la musica che ti fa strappare sicuramente qualche lacrima.pensate ci sono quasi tutti i protagonisti dei sette samurai, forse solo mifune manca all appello; kurosawa cmq ha sfornato un autentico capolavoro, tutti si ricordano di lui solo per ran , rashomon e i 7 samurai, ma anche questo a mio avviso va nella lista, e nn dobbiamo ricordarci solo del posto delle fragole.
bellissimo il finale , ovvero quando nella commemorazione di watanabe, i presenti ricordano gli ultimi momenti di vita del defunto . toccante e ben fatto , montaggio e sceneggiatura perfetti. altro capolavoro del maestro kurosawa. da vedere e rivedere

eizenstein  @  11/05/2007 22:24:23
   10 / 10
Che dire! Kurosawa riesce ad affrontare la miseria della condizione umana rendendo evidente lo spreco di tempo che la società impone ai suoi membri, un piaga molto più grave della corruzione (citazione del film). E lo fa con un'analisi psicologica statica e dinamica.
Un capolavoro assoluto di descrizione della degenerazione del genere umano, verso un pericoloso allontanamento dalla condizione naturale!
Negli uffici vediamo un sacco di carta ammassata, impiegati semi-immobili incapaci di qualsiasi slancio creativo e vitale; la morte si sta impossessando piano piano di loro e la staticità è raffigurata dal tempo che passa inutilmente.
Il protagonista è diventato una mummia a causa di questo ambiente, ma, con la terribile scoperta del male che lo affligge, piano piano riscopre la vita e la vita è movimento. Si rende conto che la vita è tutt'altro che far finta di lavorare in ufficio e risparmiare danaro per un figlio ingrato e ciò è scandito dai movimenti della folla in discoteca, dalle danze, dalle passeggiate con la collega. Assistiamo progressivamente alla evoluzione del suo pensiero fino a che scopre come dare un senso alla sua esistenza.
Vedendo "The departed" con Matt Damon finto ragazzo modello ma connivente con la malavita, con atteggiamento identico per tutto il film, mi chiedo come il cinema sia potuto regredire in tal modo: Kurosawa parlava del significato dell'esistenza e lo faceva sfruttando il mezzo cinematografico come meglio non si potrebbe.
Estremamente significativa è la scena in cui Watanabe (ormai condannato a morte) scende le scale del ristorante e subito dopo una ragazza (la vita) le sale festeggiata da tantissimi coetanei che le cantano "Happy Birtday". Ogni gesto e ogni scena sono finalizzati a descrivere la natura umana.
Eccezionale è l'ultima parte, in cui lo spettatore si rende progressivamente conto di ciò che ha fatto Watanabe e di chi veramente era; si hanno flash-back raccontati da molti personaggi e la sua figura da sfumata diviene nitdissima grazie al sommarsi dei vari racconti.
Insomma siamo di fronte ad un eccezionale documento di come si possa rappresentare la realtà con l'arte!

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Ultima risposta 15/11/2007 20.17.16
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Jumpy  @  11/03/2007 16:52:16
   10 / 10
Mi hanno convinto a vederlo, anche se ero un po' prevenuto pensando ad un mattonazzo inguardabile.
Invece son quasi 2 ore e mezza che volano via, oltre alla tematica affrontata, l'uomo di fronte alla morte, mi ha colpito molto la scelta delle musiche nella parte centrale del film.

giax-tommy  @  11/04/2006 14:48:48
   10 / 10
ilfilm per me vale 8 e mezzo ma lo alzo perchè crimson mi ha convinto.sono stato contento di vederlo perchè è un capolavoro accettato come tale in tutto il mondo,ma a me non è piaciuto esageratamente per come è stato fatto.soprattutto i colleghi del protagonista ubriachi al suo funerale,non mi sono piaciuti.è stato bellissimo vedere flashback per la prima volta in un film in bianco e nero e l'attore protagonista è stato magistrale.comunque un filmda vedere

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Ultima risposta 02/10/2007 11.53.15
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stieve86  @  25/03/2006 15:11:27
   10 / 10
Grande film. Senza morale di sorta, o presunzioni filosofiche o sociologiche. Semplicemente va preso così com'è, come la nona di beethoven o i quadri di monet. Shimura a dir poco superlativo, abbastanza patetico da non annoiare dopo che lo si è visto anche per 6-7 volte. Sicuramente uno dei tre più bei film che abbia visto, insieme a 2001 e i 7 samurai.

Crimson  @  10/01/2006 18:35:23
   10 / 10
"Cosa farebbe se le dicessero che le rimangono solo 6 mesi da vivere?"
Dei "Gendai geki" (i film contemporanei che compongono i 2/3 dei film di Kurosawa) "Vivere" per me è il più bello, intenso, completo. Un capolavoro, un film speciale.
Realizzato nel pieno della maturità artistica del regista, conclude al meglio la triade neorealista inaugurata con "l'angelo ubriaco" ('48) e proseguita con "cane randagio" ('49) - per entrambi rimando ai miei commenti -
Ciò che innanzitutto mi preme sottolineare è che non è un film che si propone di fornire il (o un) significato della vita, non ha presunzioni di alcun genere.
E' un film che induce a riflettere su alcuni aspetti della vita che talora mettiamo in disparte e sui quali ci soffermiamo spesso quando è troppo tardi. L'uomo non è una macchina perfetta, però può fare di più per vivere meglio il proprio rapporto con il trascorrere del tempo? (forse io ora non lo sto facendo visto che da 5 minuti mi sto impelagando in questo inutile commento ahah). Kenji Watanabe (incredibOL ho ricordato il nome stavolta..) è un impiegato di un ufficio del comune chiamato "ufficio richieste", e da trent'anni vive passivamente la propria vita. Più o meno da quando è morta sua moglie và al lavoro, si siede, non parla con nessuno e apporta timbri qua e là senza cambiare nulla, soffocato dalla propria routine.
Tutto cambia quando scopre di avere un cancro allo stomaco. In questa prima parte del film si rincorrono flashback molto molto belli: a ritmo frenetico egli ripercorre alcune tappe importanti del proprio passato col rancore di chi scopre che non ha fatto abbastanza, di chi ha perso troppo tempo.
Da qui parte la riscossa, forse parziale e tardiva, ma efficace e straordinaria da parte del protagonista (un Takashi Shimura superlativo, anche se a tratti un pò troppo patetico) che prima si chiede come vivere (ed è bellissima la scena in cui dialoga nel locale con l'impiegata che lo ha accompagnato) e, una volta trovato il proprio "senso", si batte come un dannato per mettere in atto ciò che gli è balenato in testa.
La parte finale, senza anticipare nulla, è basata su un flashforward geniale di cui il regista si serve per ricomporre il puzzle degli ultimi mesi di vita del protagonista.
Più in generale, la denuncia al sistema burocratico è evidentissima (verrà ripresa, in modo diversa, in "i cattivi dormono in pace"), e trova la sua sublimazione nel finale ironico in superficie ma tremendo in profondità.
E' un film che fà male ma al tempo stesso dà una grossa carica, sprizza energia positiva che può risvegliare in noi la voglia di essere attivi nella vita, di viverla momento per momento senza un briciolo di passività, come spesso ci capita purtroppo.
Per certi versi (non molti, ma quanto basta per fare un abbozzo di paragone) è riconducibile a "il posto delle fragole".

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Ultima risposta 04/02/2008 01.55.36
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Gruppo COLLABORATORI bungle77  @  22/11/2005 17:40:13
   10 / 10
quoto il commento precedente... Kurusawa in stato di grazia....

Mifume  @  13/11/2004 14:01:56
   10 / 10
Uno dei film + intensi ed emozionanti sull'uomo di fronte alla morte
Girato con maestria dal solito Akira questo film unisce la filosofia umanistica del regista con l'opposizione tra vita e creazione , morte e opacità!
Solo di fronte alla morte l'uomo decide di colorare la sua vita incolore , colori che solo lui(e pochi altri)riusciranno a vedere!
Senzazionale favola di vita reale

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