Boromir 9½ / 10 05/02/2024 20:03:29 » Rispondi Il film, che parte in media res da dove si era interrotto il predecessore, si presenta come una radicale evoluzione. Meno exploitation (la violenza è comunque presente) e più trionfo dell'estetica pop, Jailhouse 41 appartiene completamente alla sua protagonista Meiko Kaji, a cui il regista Shunya Ito impartisce una statura davvero epica, impetuosa nell'agire quanto inscalfibile nella mimica (a veicolare le emozioni ancora una volta sono gli occhi). L'anima pulp dell'opera viene spinta nei connotati grotteschi fino alle più estreme conseguenze (anticipando in alcuni aspetti persino le più moderne derive J-Horror), mentre la rarefazione della componente revenge si dirama in uno splendido viaggio-omaggio ondivago tra le mille sfumature dell'arte giapponese, dalle tradizioni Kabuki alle sperimentazioni pittoriche di Keisuke Kinoshita (La ballata di Narayama).