Non mi ha convinto granché, non che sia un brutto film, anzi ho apprezzato anche il ritorno sulle tematiche metacinematografiche dei Coen, così come il grosso omaggio che vogliono fare alla Hollywood classica e ai vari generi, un'operazione abbastanza simile a quella che farà qualche anno dopo Tarantino con la New Hollywood, però alla fine dopo tutto il trambusto che c'è in mezzo rimane poco, l'umorismo caustico che distingueva i Coen e rendeva le loro pellicole così fresche, quasi dissacranti, come appunto poteva accadere due decenni prima con Barton Fink, per restare in un ambito simile - anche l'ambientazione temporale è giù di lì e tra l'altro la Capital Pictures è la stessa casa di produzione che compare in quel film - qui sembra essersi esaurito, per lasciare spazio ad una comicità quasi accondiscendente, blanda e poco invasiva, nonostante si ingegnino ancora a creare storie corali, quasi una per genere, nel periodo della Golden Age hollywoodiana caratterizzato da questi colossoni storici ad alto budget, una forte voglia di emergere e contrastare l'inevitabile diffusione della televisione e allo stesso tempo da una decadenza politica e sociale, concentrandosi sulle ipocrisie del maccartismo, lo star system come invadente mezzo nelle produzioni che entra in contrasto con l'arte, ma anche la caratterizzazione di questi personaggi sopra le righe, un po' vaghi, col solito stile rodato dei Coen che si concentrano sulla figura del produttore, sempre alle prese con queste grane che vengono una dietro l'altra senza tregua, ma personalmente, mi è restato più l'omaggio affettuoso ai generi, con la solita perizia tecnica dei registi che riproducono splendidamente i colossal storici, i western, i musical in alcune scenette simpaticissime, ma non bastano a strappare la sufficienza per un film comunque molto sottotono, con un cast stellare anche abbastanza sprecato.