Kaurismaki era in un periodo di forma smagliante e qui si conferma ancora con questa piccola perla, "Leningrad Cowboys go America" è uno splendido e atipico road movie, che racconta il viaggio in terra Americana di questo gruppo musicale, inizialmente folk, alla ricerca di un successo e una rivalsa artistica, cosa dichiarata impossibile in madre patria, così allora questa banda di personaggioni si mette in viaggio, capitanata da Vladimir, il loro manager, che poi sarebbe l'infamone del film, che si mette a sgraffignare il budget a disposizione, mangia di nascosto e lascia poco alla band e via dicendo.
Il film propone una struttura quasi episodica, con questo gruppo di strampalati musicisti caratterizzati da strane scarpe a punta e dei capelli con un ciuffo che farebbe invidia ai personaggi di Dragon Ball, li si vede viaggiare per l'America fino ad arrivare in messico mentre succedono le cose più strane, come un loro membro della band, apparentemente morto, in realtà solo congelato, che si portano dietro comunque in questa bara piena di ghiaccio in cui ci tengono anche le birre al fresco, a cui fanno anche una specie di funerale e vengono messi alcuni giorni in gabbia dalle forze dell'ordine americane, in una sequenza carinissima in cui iniziano a suonare anche in carcere con gli strumenti a disposizione, tutti oggetti di uso comune, nel frattempo Kaurismaki intervalla tutto con degli splendidi momenti musicali, in cui la band si esibisce nei vari locali lungo l'America, spesso posti di provincia un po' degradati dove però mostrano tutto il loro groove e regalano alcune cover di classici americani niente male, oppure ancora, l'incontro col cugino di uno dei membri della band che non vedeva fin da piccolo perché era caduto in mare in Finlandia e la corrente del golfo l'aveva spinto fino in America dove era stato pescato dalla famiglia adottiva, che poi tra l'altro diventerà il cantante della band, insomma è tutto un viaggio nel grottesco e nel demenziale con questi simpatici personaggi a bordo di questa cadillac scassata e piena di lattine di birra in cui ci entreranno nel doppio della portata concepita, il tutto condito da una agrodolce speranza dettata dalla voglia di rivalsa e dalla ricerca del successo, col mito del rock and roll che diventa preponderante e spinge i musicisti a modificare il proprio stile per andare incontro alle esigenze del pubblico, pur rimanendo ancora fedeli alle radici, nello stile drammatico e autoironico che ha fatto la fortuna del regista, molto carino.