Thorondir 8 / 10 02/07/2024 11:39:14 » Rispondi In quel Giappone apripista dell'informatica ma anche delle esclusioni (e autoesclusioni) sociali, della solitudine, della costante e persistente presenza della morte (basta vedere la filmografia giapponese), "Kairo" ha rappresentato una sorta di film-racconto di un intero paese: un paese in cui alla diffusione di internet si accompagnavano mode violente (le famose "catene" che ancora oggi esistono), in cui l'elemento della virtualità andava a gravare ulteriormente su di una società già chiusa di per sé ed autoescludente. E quelle ossessioni, quelle paure, quelle solitudini, producono fantasmi, veri, reali o proiezioni mentali che siano. Fantasmi che cercano di tornare nel mondo perché ormai privi di spazio nell'aldilà ma anche fantasmi viventi di esseri umani che lo sono di fatto, persi in un mondo di solitudine assoluta (fateci caso, tutti i protagonisti vivono da soli). Emerge un film inquietante nelle atmosfere, nelle scelte fotografiche, nell'utilizzo di suoni, ombre e scelte registiche, capace di raccontare una società e di renderla terrificante senza dover utilizzare una singola goccia di sangue. Un'opera che vive di soffusione e offuscamento proprio come le vite dei fantasmi.