Un classicone della commedia sentimentale, elegante, garbato, divertente, emozionante, con due interpreti in formissima, che fa della sua forza la splendida scenografia della città di Roma, diventato a posteriori un cult della Hollywood classica, grazie soprattutto all'iconica scena di Peck e la Hepburn sulla Vespa per le strade della capitale.
La sceneggiatura narra della Principessa Ann, di uno stato imprecisato, che è in viaggio per le varie capitali europee in cui deve svolgere i suoi soliti incontri formali con i vari ministri, rappresentanti, capi di stato, generali, assessori, muratori, metalmeccanici, partite iva, lavoratori del settore sanitario, e via dicendo, fin dalle prime battute viene mostrata una vita estremamente frenetica e piena di impegni che la costringono a seguire una rigida routine senza spazio per lo svago e con delle regole, dogmatiche, da rispettare, basti vedere quel pigiamone da vecchia che non vuole indossare. Così una notte, arrivata nella capitale, la principessa Ann decide di fuggire, si mette una gonna e scappa dall'immensa tenuta dove alloggia, avventurandosi per le vie di Roma, dove per casualità, dopo essersi addormentata ai Fori Imperiali, incontra il personaggio di Gregory Peck, un giornalista squattrinato che avrebbe dovuto intervistare la principessa il giorno dopo, ma non sa neanche come è fatta in volto, da lì la porterà a dormire a casa sua e la accudirà, senza rendersi conto di nulla.
Il successivo sviluppo del film è una sorta di commedia degli equivoci, anche abbastanza divertente, con Peck che dopo aver visto la foto capirà di avere la principessa a casa sua e cercherà di sfruttare questa carta per avere un'intervista esclusiva con lei, facendosela pagare a peso d'oro e coinvolgendo anche il suo amico fotografo, con cui nascono dei siparietti niente male tra cui quello al bar in cui gli dà continuamente calci o gli rovescia addosso i drink per non farsi sgamare, o ancora i sotterfugi per nascondere la sua posizione lavorativa, i due gireranno per Roma, questi giorni visti dal punto di vista della principessa, nel frattempo dichiarata malata dalla stampa interna, per non dire che è fuggita, saranno di estremo svago, in totale contrapposizione alla rigida vita di corte, e tra le bellezze della città eterna, tra il Colosseo, la Fontana di Trevi, i Fori Imperiali e Castel Sant'Angelo i due finiranno per innamorarsi, dando vita ad un finale che lascia un sentore di tristezza, ma anche un leggero retrogusto dolce per l'esperienza vissuta.
Wyler è abilissimo a mettere in scena tutto con una perizia tecnica affascinante, una scenografia di base suggestivissima valorizzata da un bianco e nero dai tagli netti e luminosi e da un montaggio scorrevole che alterna delle eleganti gag/equivoco con la trama sentimentale, si potrebbe recriminare su qualche stereotipo sugli italiani di troppo, dall'affittuario di Peck con la coppola e la lupara, al casino per strada tra i mercatini e gente che urla, ma è tutto fatto così affettuosamente che è impossibile arrabbiarsi. Poi ci sono i due protagonisti, perfetti nel loro ruolo, la Hepburn ha quella bellezza cristallina, graziosa ed elegante che la rende una principessa credibilissima, dal grande fascino, composta ma stravagante, una delle sue interpretazioni più iconiche, capace di alternare il formalismo della principessa con la voglia di divertirsi di una giovane in giro per la città eterna, invece Peck fa un po' il farfallone, un po' il classico giornalista che va a fare accordi e scommesse a destra e a manca e si trova sempre in situazioni particolari, anche lui è dotato di un grande carisma ed è la controparte sentimentale perfetta, risultando elegante e divertente.