Sono l'ultimo fan di Gaspar Noé, tra me e le sue opere non è mai scoccata la scintilla, fatta eccezione per lo splendido "Enter the void", il resto o mi dice molto poco o mi risulta repellente, posso farci poco, il suo stile eccessivo e provocatorio non l'ho mai digerito, sebbene l'ho sempre trovato tecnicamente ad altissimi livelli, con mia gradita sorpresa, invece, questo "Vortex" mi è piaciuto parecchio, probabilmente, anzi sicuramente, perché è un'opera lontana stilisticamente da quel Noé che non mi piace, è la sua opera più intimistica che rinuncia del tutto agli eccessi e crea un film d'autore sulla senilità, mantenendo comunque il suo estro stilistico, come si può vedere dalla scelta di narrare le quasi due ore e mezza di film in uno split screen con due inquadrature che seguono la coppia di anziani protagonisti, rimarcando con questa scelta la barriera emotiva che si viene a creare tra loro, ma anche l'inevitabile destino che li separerà dopo una vita insieme, è un film che gioca molto con l'incomunicabilità, quella dettata dalla malattia, di lei, che mostra i sintomi dell'alzheimer già in stato avanzato, smettendo rapidamente di essere autosufficiente, è un'incomunicabilità dettata dal costante impegno che lui mette nel finire i suoi libri, quasi ossessivo visto pure l'arredamento della casa fatto di muri di libri, muri di libri e medicine, diventano i principali oggetti di scena mostrando una discesa verso la fine, l'inevitabile sgretolamento di una coppia che dovrà arrendersi ai principi naturali, con un figlio che sembra aver passivamente accettato l'epilogo e risulta poco determinato e disponibile a dare loro assistenza, è un film che sfocia nell'esistenzialismo, la paura della morte prende progressivamente il sopravvento in mezzo agli sprazzi di quotidianità che la pellicola mostra, una morte che si inserisce subdolamente con i sintomi e pian piano si fa sempre più evidente.
Toccante, intimo, dilatato ed estremamente emozionante, una discesa verso la fine messa in scena splendidamente, con un tocco minimale atipico per l'autore e con un Dario Argento inconsuetamente nelle vesti di attore protagonista che però risulta naturalissimo nella parte, con diverse sequenze degne di nota sulle quali svetta il momento in ospedale in cui una delle due inquadrature va a bianco, fino ad arrivare al finale in questa sorta di ricongiungimento, ma si saranno ricongiunti? Chi lo sa.