Uno dei noir più belli di sempre, poco da dire, Hawks al massimo della sua forma dirige uno dei punti di spicco del genere, aiutato ovviamente da una labirintica quanto perfetta sceneggiatura tratta dalle opere di Chandler, ma soprattutto da una coppia di protagonisti dalla chimica indissolubile come Bogart e la Bacall, in quelle che sono tra le loro interpretazioni più iconiche, per la Bacall sicuramente, per Bogart c'è tantissima concorrenza e questo la dice lunga sulla carriera straordinaria dell'attore.
"The big sleep" è un film effettivamente complesso, non è facile per lo spettatore addentrarsi all'interno di questa torbida vicenda fatta di ricatti, debiti di gioco, sparizioni, omicidi, doppigiochi e via dicendo, è un mondo in cui l'apparenza e la realtà raramente coincidono, e non è facile destreggiarsi tra un nome e un altro nel bel mezzo dell'intreccio, è così che Marlowe, il nostro detective privato protagonista, si ritroverà ad indagare ingaggiato dal generale Sternwood per via di alcuni ricatti che ha subito e per la sospetta sparizione del suo vecchio detective, ben presto però il mistero si infittisce, tirando in gioco sempre più personaggi, dalle stesse figlie di Sternwood, una splendida Lauren Bacall e la capricciosa sorella minore, ancora immatura e vogliosa di attenzioni, arrivando a librai doppiogiochisti e direttori di bische clandestine, sicari, collaboratori, c'è un po' di tutto, con una narrazione in cui il tema del sospetto e del doppiogioco sembra diventare centrale, anche nelle sottotrame sentimentali, quando scoppia l'amore, o forse sarebbe meglio dire la passione, tra Marlowe e Vivian, non si riesce mai a capire gli effettivi interessi dietro al suo personaggio, quanto possa essere sincera e leale nei suoi confronti, il detective è perso in questo mondo torbido esattamente come lo spettatore, i punti di riferimento sembrano annientati, vi è questa sarabanda di personaggi difficilmente distinguibili tra positivi e negativi, attenuando quasi del tutto la separazione tra bene a male, buoni e cattivi, le fazioni sono sciolte, ognuno sembra fare i propri interessi e lo stesso protagonista non realizza bene chi potrebbe essere un alleato e chi un nemico.
Ma intrugli narrativi a parte, il film si distingue per una messa in scena semplicemente incredibile, a partire dalla regia di Hawks che tende a scomparire del tutto, una scelta efficacissima che immerge totalmente nella narrazione, la camera prende le vesti di un eventuale personaggio che guarda tutto da una prospettiva apparentemente in seconda persona a seguire i movimenti di Marlowe che fondamentalmente non esce mai di scena, lo spettatore sa esattamente le stesse cose che sa il protagonista, probabilmente in questo modo rinuncia volutamente alla suspense - su questo principio di informare lo spettatore più dei personaggi ci stava già sviluppando una filmografia di oltre cinquanta film Hitchcock - e aumenta esponenzialmente il mistero e la curiosità, i movimenti di macchina sono minimali e fluidi, il regista ci concede spesso dei brevi ma curatissimi pianosequenza, giocando anche saltuariamente col fuori campo e con i punti di vista, basti pensare già al primo omicidio, quello di Geiger, che è semplicementa narrato grazie al sonoro, basta uno sparo e lo sgommare della macchina per narrare i fatti, solo dopo ci mostra la prospettiva di Marlowe, o ancora l'esecuzione di Jones in cui Marlowe è appostato appena fuori e non vuole farsi vedere dai sicari, l'effetto finale è una regia estremamente immersiva, che quasi non si fa notare ma è efficacissima nel creare empatia nei confronti del protagonista e vivere i suoi stati d'animo, che siano quelli del semplice sospetto, fino all'interesse tormentato per una figura come quella della Bacall, femme fatale dall'immenso fascino oscuro e sfuggente, che ci regala diversi momenti hard boiled, torbidi e sensuali, come i dialoghi al locale con Bogart in cui mostrano un'intesa imparagonabile, complici anche dei dialoghi al fulmicotone, che ancora oggi a distanza di quasi ottant'anni risultano modernissimi, con una forte componente ironica e con uno spiccato senso del sarcasmo che spesso e volentieri Bogart tira in ballo tra una situazione complicata e l'altra.
Hawks ci trasporta in un intreccio torbido e apparentemente senza via d'uscita, con un'ambientazione che pullula di fascino e suggestione, tra quella fotografia un po' sbiadita e la sua regia immersiva è una splendida odissea investigativa nella Los Angeles anni quaranta, con scene prettamente notturne, fatta di cappelli di feltro, whisky, sigarette e via dicendo, credo sia il caso di organizzare un gioco alcolico con i film di Bogart, si potrebbe fare: bevi uno shot ogni volta che Bogart fuma una sigaretta, bevi due shot ogni volta che si versa un superalcolico, bevi tre shot ogni volta che entra in un luogo chiuso senza togliersi il cappello, ha dell'ottimo potenziale.