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FARGO regia di Joel Coen, Ethan Coen

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stratoZ     9 / 10  12/07/2024 14:14:34 » Rispondi
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

Uno dei miei preferiti dei Coen, azzarderei a definirlo il loro capolavoro, "Fargo" fa della sua disarmante semplicità la sua forza, è un film che all'interno della loro filmografia si colloca come naturale evoluzione di quello che è stato il loro esordio "Blood Simple", accentuando ancora di più la componente minimalistica e il suo porsi come rivisitazione del genere stesso, allo stesso tempo si colloca benissimo nella linea temporale del thriller anni 90', nel preciso periodo in cui stavano spopolando quei film sempre più complicati a base di colpi di scena che vogliono stupire sempre di più lo spettatore, non che comunque questa tendenza non abbia generato belle opere - basti vedere "Seven" e "The Usual Suspects" -, è così che i Coen scrivono una sceneggiatura estremamente semplice, senza fronzoli, ma tutt'altro che banale, riuscendo grazie anche ad una componente stilistica straordinaria ad imprimere una forza al film non indifferente, dando efficacemente la visione del mondo alla loro maniera, con quel tocco ironia nera, molto sottile, una varia gamma di personaggi strampalati e riportando in voga lo scontro infinito tra bene e male, del quale, forse questo film, potrebbe essere in fondo uno dei loro più ottimistici.

L'incipit è semplicissimo, uno squattrinato venditore di auto del Minnesota vuole fingere il rapimento della moglie per incassare metà del riscatto da parte del padre ricco, che però è uno spilorcio e non gli fa vedere neanche mezzo centesimo, è così che si avvia questa reazione a catena che coinvolge i vari personaggi in questione, riservando in realtà poche sorprese, la trama sembra più essere un pretesto per approfondire la natura e la coscienza di questi personaggi, si passa dal protagonista stesso, uomo senza scrupoli, molto poco furbo, arrivista e tutto sommato fifone, che mette in piedi questo piano per 40.000 dollari, o ancora i due criminali, uno più strambo dell'altro che rispecchiano perfettamente la visione postmoderna dei personaggi, con la loro recitazione istrionica, uno estremamente logorroico, l'altro praticamente che dice due parole in tutto il film, totalmente inaffidabili, capaci di uccidere chiunque a sangue freddo e con leggerezza, è su di loro che la sceneggiatura verte per una riflessione su una violenza sempre più a buon mercato, senza pensarci troppo, come si può vedere nei momenti finali, in cui il sangue era già stato sparso, e allora qualche cadavere in più o in meno cambia poco, si uccide l'ostaggio perché è una rompiscatole e parla troppo, si uccide il socio per la disputa su chi deve tenera la macchina, motivi effimeri che però non creano grandi scrupoli di coscienza, poi c'è il personaggio del suocero, che in tutta la sua avarizia non vuole sborsare i soldi per liberare la figlia dai rapitori, o ancora, il vecchio compagno di scuola di Marge, totalmente alienato e a disagio col mondo esterno, in uno degli incontri tra vecchi compagni più imbarazzanti che si possano vedere.

Ma i Coen lasciano aperto anche il fanalino della speranza, col personaggio di Marge, interpretato da una splendida McDormand, ai tempi realmente incinta, poliziotta dal grande intuito e dai modi garbati che riuscirà in maniera semplice ed efficace a risolvere il caso, interessanti le riflessioni che pone: ne è valso la pena spargere tutto questo sangue per quattro spiccioli? Anche in questo caso nella narrazione, il denaro non diventa altro che un mcguffin, quando la situazione degenera passa in secondo piano e viene seppellito nella neve e dimenticato, come a sottolineare quanto possa essere effimero il motore scatenante di questa striscia di violenza.

Eccezionale a livello stilistico, dall'ambientazione estremamente affascinante con quel bianco dei paesaggi innevati del Minnesota che esalta la componente minimalista, una regia asciutta che permette alla narrazione di arrivare in maniera efficace, e poi i nostri ci regalano diverse scene di culto semplicemente straordinarie, dall'incipit, col dialogo tra Macy e Buscemi, che molti potrebbero definire tarantiniano, ma i Coen lo hanno sempre avuto nelle loro corde, anche prima dell'esordio di Tarantino, alle scene in cui la tensione si taglia a fettine, come nei momenti successivi al rapimento della moglie, quando i criminali vengono fermati al posto di blocco, o ancora poco dopo quando vengono sorpresi col cadavere del poliziotto appena ucciso, fino ad arrivare a Gear che viene scoperto da Marge mentre trita il suo socio, splendido.

In definitiva, lo trovo uno dei migliori thriller degli anni 90', eccezionale nella sua originalità stilistica e nel suo minimalismo, interpretato e diretto in maniera straordinaria, uno dei miei preferiti dei fratelli.