Quarto atto della mitica collaborazione tra la Wertumuller e Giannini, ennesimo film di grande spessore, tagliente, corrosivo, con la solita ironia caustica e uno stile estremamente sopra le righe che questa volta è ambientato durante la seconda guerra mondiale e nel periodo immediatamente precedente, è un'opera che continua coerentemente a bersagliare l'italiano e il contesto, questa volta ambientato a Napoli, con Pasqualino Settebellezze che è una sorta di dongiovanni molto geloso della sorella che finirà per commettere un delitto d'onore, finendo dopo varie peripezie, e una scena estremamente sopra le righe in cui fa a pezzi il cadavere di Totonno Diciotto Carati, al manicomio criminale, salvo poi con lo scoppio della guerra essere mandato nella campagna di Russia per finire poi, causa diserzione, in un campo di concentramento nazista.
La pellicola gioca molto col contrasto tra gli ideali e quell'attitudine tipica di Pasqualino del fare i suoi interessi purché tiri a campare, lo si vede fin dalle prime battute, lo si vede al manicomio criminale col significativo confronto con l'oppositore del regime, in cui si evidenziano le contraddizioni stesse del regime fascista, arrivando ai grotteschi momenti nel cupo lagher in cui Pasqualino arriverà a corteggiare la comandante e mandare a morte i suoi stessi compagni pur di farla franca, ne viene fuori un affresco dell'italiano arrivista e senza scrupoli, una comicità che diventa amarissima che tocca i suoi picchi in un finale quasi commovente.
Giannini offre l'ennesima interpretazione di grande valore, ancora parlando abilmente un dialetto che non è il suo, aggiungendo tocchi di lirismo e un dramma di fondo forse anche più evidente che nelle opere precedenti, una sceneggiatura efficacissima e il solito stile esagerato della Wertmuller fissano quello che forse è il suo miglior successo a livello critico, con pure le candidature all'oscar che ne sono derivate, però era la fine del periodo d'oro, da lì in poi la qualità diminuirà esponenzialmente.