Gran bel film di Kiarostami, a ragione una delle sue opere più famose, che con una sceneggiatura scarna e uno stile tendente all'essenziale riesce a raccontare il mondo dell'infanzia e il complesso rapporto con gli adulti, visto dalla prospettiva di Ahmed, un bambino che vuole a tutti i costi riportare il quaderno al suo compagnetto di scuola, consapevole che se l'indomani si dovesse presentare senza, potrebbe venire espulso, come si intuisce fin da subito dalla scena iniziale e dalla severa figura del maestro. A colpire del film è soprattutto l'incomunicabilità che vi è da parte degli adulti nei confronti dei bambini, Ahmed fin da subito, appena tornato a casa, prova a comunicare alla madre la sua intenzione di andare a cercare il compagno di scuola per ridargli il quaderno, in una scena volutamente lunga e ripetitiva la madre continua a ripetergli di fare i compiti e poi andare a giocare, a nulla servono le spiegazioni, anche dettagliate, di Ahmed, la madre non lo guarda nemmeno, continua a sbrigare le sue faccende mentre gli ripete lo stesso mantra, è così che Ahmed parte da solo e senza dare spiegazioni alla ricerca di Mohamed che abita in un piccolo e rurale paesino abbastanza lontano dalla città, qui iniziano le avventure del giovane che non riesce quasi mai a trovare le informazioni che cerca, quasi tutti gli adulti sembrano non dargli minimamente conto, Ahmed deve ripetere le stesse domande più volte, le risposte degli adulti sono secche e sbrigative, come avessero priorità più importanti, nessuno si dedica ad ascoltare Ahmed, ne le sue intenzioni. Altro momento emblematico è il confronto col nonno, uomo all'antica che si impone sul nipote e agisce per principio, volendogli dare un'educazione "come ai suoi tempi", esplicitando anche il fatto di voler trattare volutamente male il ragazzino per abituarlo e perché i bambini devono fare quello che gli dicono gli adulti, non c'è altra logica dietro, come dimostra la richiesta di andare a comprare le sigarette nonostante le abbia già e prima del pane, nonostante il fornaio chiuda a breve, diventando uno dei dialoghi più esplicativi del film. O ancora, il momento in cui Ahmed pedina quel signore sull'asino credendo sia il padre di Mohamed e il signore fa finta di nulla, sembra proprio non vederlo, non si accorge che Ahmed è dietro di lui e se se ne accorge non gli interessa affatto, ma il trattamento noncurante degli adulti è ripetuto costantemente, creando quell'aura di presunta superiorità che fa passare in secondo piano ogni richiesta dei bambini. L'unico adulto che aiuta Ahmed, in realtà neanche tanto, ma almeno ci prova, è il vecchio falegname, che sta vedendo scorrere il mondo veloce di fronte a se, colpito probabilmente da una forma di nostalgia e con la sensazione di non essere più utile al mondo perché tutti stanno iniziando a comprare le porte di metallo, prova ad aiutare Ahmed nella ricerca della casa del suo amico, anche se alla fine sarà solo di intralcio per l'eccessiva lentezza dovuta all'età, entrambi, Ahmed e il falegname, sono in due fasi della vita in cui sembra che l'impegnato mondo degli adulti non abbia tempo per loro e non li faccia sentire per nulla considerati, Ahmed perché troppo piccolo, il falegname perché troppo vecchio. Kiarostami dirige un'opera delicata, toccante e che trasmette la forte innocenza del periodo dell'infanzia, con una scenografia minimale ma molto suggestiva, fatta perlopiù delle casette rurali di questo paesino in Iran, e una regia relativamente statica che privilegia i campi lunghi, come a mostrare Ahmed disperso in questo mondo ancora troppo grande per lui, una piccola perla e probabilmente uno dei film più accessibili dell'autore.