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CLOSE UP regia di Abbas Kiarostami

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stratoZ     8½ / 10  07/08/2024 17:38:21 » Rispondi
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

Kiarostami in tutta la sua complessità dirige un film sull'arte e sulla vita, con un modo di girare piuttosto inconsueto riprende un soggetto tratto da una storia vera, interpretato dai veri personaggi che l'hanno vissuto e crea un film dallo stile ibrido, tra il documentario, il legale movie, aggiungendo una forte componente sociale e melodrammatica e metaforizzando il tutto con tutto il suo grande amore per l'arte, che diventa preponderante nella vita.

La storia è relativamente semplice, parla di quest'uomo Sabzian, che si spaccia per un famoso regista iraniano Makhmalbaf, entra in contatto con questa famiglia benestante tramite un fortuito incontro con la madre e fa spesso visita alla famiglia, coinvolgendo i figli appassionati di cinema in un fantomatico progetto per il futuro, dopo un po' la verità verrà a galla e verrà denunciato per tentata frode, tramite anche la stampa, Kiarostami - presente realmente nel film nel ruolo di se stesso, anche se solo tramite una voce fuori campo - verrà a sapere di questa notizia e vorrà riprendere il processo, documentando la vicenda.

Il procedere del film è un insieme di dialoghi che si occupa di sviscerare l'etica, le intenzioni e i reali pensieri di Sabzian, uomo disoccupato, povero, di basso status, divorziato dalla moglie perché incapace di mantenerla, considerato dalla parte degli ultimi, ma fondamentalmente buono, il progressivo scoprire della sua personalità accresce un certo senso di empatia e trasmette un forte amore nei confronti dell'arte, rimasto l'unico mezzo dell'uomo per esprimersi, la possibilità fiutata di essere scambiato per un famoso regista lo farà catapultare verso questa nuova esperienza in cui finalmente viene ascoltato, le persone lo considerano molto di più, non sono più riluttanti a fare quello che chiede, a prendere i suoi consigli, l'arte che conferisce status in un Iran apparentemente alla deriva a livello sociale in cui la povertà incombe, ma Sabzian non ne fa una questione di soldi, la somma che ha sottratto in realtà è irrisoria e se ne avesse avuto la possibilità l'avrebbe restituita, ne fa una questione di essere ascoltato per una volta, tramite l'arte, di riuscire a trasmettere la sua passione anche ai giovani sognatori, che sono i figli, per il cinema, sta anche nel suo per una volta recitare, come dichiara alla fine, ha sempre voluto fare l'attore, spacciarsi per un regista fa parte della performance attoriale.

Il processo in atto nel film passa da un relativo realismo all'essere fortemente romanzato, aumentando la carica melodrammatica, lo si nota come le domande dei giudici o degli avvocati sembrano perdere la loro formalità legale e prendere dei tratti più intimi, chiedendo a Sabzian delle proprie passioni, delle motivazioni alla base di esse, sembra quasi che il giudice si sia intenerito nei suoi confronti, esattamente come lo spettatore.

"Lo so che sono colpevole agli occhi di questa corte, ma la mia passione per l'arte dovrebbe essere presa in considerazione"

Il finale è la ciliegina sulla torta, con l'incontro col vero Makhmalbaf, la corsa in moto abbracciato a lui, mentre Kiarostami non riesce a prendere bene l'audio e quell'iconico primo piano col mazzo di fiori, per scusarsi, di una poeticità e delicatezza unica.

Close up è un'opera che tramite un semplice fatto di cronaca apre a più riflessioni sul ruolo dell'arte, sulla vita, sulla passione, sul sogno, lo fa con uno stile molto inusuale che alterna qualche flashback ai primi piani in aula con una pellicola sgranata, fatto prevalentemente di dialoghi che riescono ad essere magnetici e la trovata degli attori che interpretano rigorosamente tutti se stessi lo rende uno strano compromesso tra lo stile neorealista e quello più simbolista dai tratti metacinematografici, lo definirei un film adatto per i cinefili che hanno sempre voluto giocare a loro modo, col mondo del cinema, e che non hanno ancora smesso di sognare.