Con "Sotto gli ulivi" Kiarostami conclude la sua trilogia ideale iniziata con "Dov'è la casa del mio amico?" e continuata con "E la vita continua…", questo film si riallaccia direttamente a questo secondo capitolo creando una sorta di falso making of della pellicola, Kiarostami si diverte a giocare col metacinema e non era certo nuovo a queste tematiche, qui va proprio sul set del precedente film e crea questa storia d'amore non corrisposto tra una delle attrici ed un ragazzo della troupe che sostituisce un attore che dovrebbe essere suo marito nel film, il ragazzo in realtà è davvero innamorato dell'attrice e farà di tutto per sposarla, è un film in cui si vedono spiragli di ironia, cosa che non avveniva nelle due precedenti pellicole, in un gioco sull'amore in una nazione che è ancorata alle tradizioni del passato, questo amore incondizionato tra un ragazzo di basso ceto sociale che non ha una casa, non ha denaro, non ha uno status e viene continuamente respinto per questo, come si vede anche nel confronto con la nonna dell'attrice, una sorta di sua tutrice dato che i genitori erano venuti a mancare, che respinge continuamente il ragazzo anche con metodi poco carini, però l'amore diventa vettore di forza e determinazione e continua ad insistere, fino ad un finale carinissimo che non può non far sorridere, è un film che colpisce per la delicatezza del suo protagonista che per l'ostinazione in buona fede può ricordare il protagonista di "Close up", Kiarostami riesce ad essere ancora poetico e regala una pellicola molto gradevole e che mantiene un buon livello per tutta la durata, tra la ricostruzione delle scene del precedente film viste da questa sorta di dietro le quinte, ai siparietti tra il ragazzo e gli altri personaggi.