Film parecchio ambizioso di Kiarostami, che vuole a suo modo essere provocatorio nei confronti dell'arte, dell'artista e del critico, abbastanza atipico nel suo modo di narrare e anche pervaso di un'ironia pungente appena percepibile, l'autore sembra divertirsi a giocare con la figura di intellettuali un po' altezzosi e distaccati dalla realtà, eloquenti nella loro retorica ma poco empatici e per nulla pratici dei problemi della vita quotidiana, mi è sembrato questo il ritratto di tale James Miller, scrittore di questo libro "Copia conforme" che parla del rapporto tra un'opera originale e la sua copia nel mondo dell'arte, mostrando anche opinioni abbastanza controverse, seppur ben argomentate, tanto che lo spettatore potrebbe essere portato a dare ragione allo scrittore, complice anche una forte eloquenza, con le sue teorie Miller sembra andare contro la classica concezione che vige nell'arte dell'opera nella sua originalità, si distacca dalle sovrastrutture create dai critici e da all'opera il valore che vede senza fare dietrologia, facendo anche paragoni interessanti, come per esempio quello del bambino che si emozionerebbe comunque di fronte alla copia, tanto quanto all'originale perché non capace di discernere, come è successo per la copia del David di Michelangelo in Piazza della Signoria, nel corso della sua visita in questo paesino in Toscana continuerà a parlare del libro con Elle, un'ammiratrice che è venuta alla presentazione e lo ha invitato ad andare in giro per il paesino, durante le conversazioni con lei gli argomenti sfoceranno dall'arte alla vita vissuta e da lì si sviluppa il cuore del film con questo dualismo di una donna e i suoi problemi nel crescere il figlio, andare avanti da sola, i suoi dubbi su come stia facendo da madre e le peripezie per tirare avanti, in linea di massima, nei discorsi di Elle si riscontra un certo pragmatismo, mentre James si oppone con un fermo idealismo, entrando spesso in contrapposizione nei discorsi, è uno dei tipici film di Kiarostami in cui il dialogo domina, creando significati espressivi, sfociando nell'esistenzialismo, nell'amore, nelle macrotematiche, fino al fatidico punto dove una barista scambia James per il marito di Elle, da quel momento i due fingeranno di essere marito e moglie e questa finzione si mescolerà sempre di più con la realtà, fino a lasciare dei grossi dubbi su quale sia l'effettiva verità, un po' come la copia e l'opera d'arte originale, Kiarostami la metaforizza così, il rapporto tra i due sembra così realistico che se effettivamente non sei consapevole della storia pregressa è molto difficile discernere, allo stesso tempo, durante questo gioco di impersonificazioni si assiste come ad un ribaltamento delle situazioni, con James, fino a prima molto sicuro di se e delle sue teorie, che progressivamente avrà sempre più difficoltà ad entrare in empatia con Elle, a gestire il figlio che fino a quel momento aveva trattato con un'idealistica sufficienza, a gestire il rapporto con la moglie stessa che sembra visibilmente in crisi, al diventare suscettibile al minimo errore. Una scena che colpisce particolarmente è l'incontro con la coppia di anziani, davanti alla fontana, col più vecchio che dopo il confronto riguardante l'arte consiglia a James di rimediare a tutto con un abbraccio, o una pacca sulla spalla, vedendolo estremamente orgoglioso e gonfio di ego, incapace di affrontare i problemi relazionali pragmaticamente e probabilmente messo in difficoltà dal fatto che le sue prediche teoriche non riescono ad essere efficaci quando messe in pratica.
A mio parere Kiarostami dirige un altro bel film, non facilissimo da seguire e parecchio pretenzioso, che però riesce a far sorgere diverse riflessioni di natura filosofica e umanistica, ambientato nel cuore della Toscana in uno splendido borghetto, fatto principalmente di dialoghi, con una regia abbastanza essenziale e due protagonisti in palla e dalla buona intesa, niente male.