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PAT GARRETT E BILLY THE KID regia di Sam Peckinpah

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stratoZ     8 / 10  30/08/2024 12:35:22 » Rispondi
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

Con questa opera Peckinpah sembra concludere la sua filmografia prettamente western, con una sorta di sipario che cala sull'epopea di un genere che ha caratterizzato enormemente il cinema americano, il film opera sul duplice livello, quello narrativo e quello metaforico, infatti la fine dell'amicizia tra Pat Garrett e Billy The Kid, ammesso che sia mai finita davvero, o comunque il passaggio del primo dalla parte della legge, non è altro che la metafora della fine del selvaggio west, Pat Garrett nonostante sia più attempato del suo amico ha deciso di farla finita con la vita da fuorilegge e per istinto di conservazione passerà al polo opposto, arrivando ad essere nominato sceriffo e dover dare la caccia al suo vecchio e storico amico, e lui stesso rappresenta quella parte della società americana che ha rinunciato allo stile di vita del selvaggio west a favore di una vita dentro le regole, con l'inevitabile adattamento, Pat Garrett è il passaggio dei tempi, è il capitalismo, la modernità che si abbatte sulle lande che prima erano terra di nessuno e permettevano a personaggi come era lui stesso in passato di imporre quella che era la legge del più forte, o nel caso del west, del più veloce, allo stesso tempo Billy rappresenta la parte degli irriducibili, con la sua nostalgia intrinseca, il suo non mollare quello stile di vita nonostante tutto impregna l'opera di un forte idealismo che va a cozzare con quello che diventa il pragmatismo di uno come Pat, questo contrasto, crea una forte componente emozionale che pervade la pellicola, opera che non ritengo perfetta, un po' diluita e probabilmente ha qualche momento evitabile nella parte centrale con personaggi che nonostante il minutaggio sembrano mero contorno, però quando Peckinpah vuole fare esplodere i sentimenti lo fa benissimo, con una messa in scena sublime, con la fotografia considerabile "ideale" per il western crepuscolare, con quel giallino sbiadito e l'arancione saturo che regala sequenze splendide, basta vedere alcuni campi larghi al tramonto, come quello di Pat Garrett che porta ad bere il cavallo col riflesso che si specchia, il tutto è condito dalla colonna sonora di Dylan in uno dei suoi dischi storici che accompagna la narrazione, dalle schitarrate folk fino alla ormai famosissima "Knocking on the Heaven's Door", Dylan che compare anche come personaggio in un ruolo abbastanza ambiguo, sembra un pesce fuor d'acqua all'interno della pellicola, col suo essere introverso e taciturno, risulta in incognita anche per lo spettatore per buona parte della durata.

E poi il finale, con la sua malinconia si trascina gli ultimi istanti di un mondo che ha ceduto inevitabilmente il passo alla modernità, ma la stessa modernità, ovvero Pat, ha una forte forma di rispetto nei confronti del proprio passato, ovvero Billy, è uno sguardo consapevole, i tempi sono cambiati, ma l'esperienza non viene rinnegata, anzi ha contribuito a creare quello che c'è ora.

L'ultimo western di Peckinpah nel suo essere imperfetto è un film splendido.