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NO TIME TO DIE regia di Cary Joji Fukunaga

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Dom Cobb     7 / 10  24/09/2024 14:27:21 » Rispondi
James Bond si è ritirato dalle scene per vivere una vita tranquilla insieme all'amata Madeline, ma viene richiamato in servizio dall'amico Felix Leiter per trovare e recuperare uno scienziato dell'MI6 rapito. Quella che sembra una missione come un'altra si rivela ben presto un complotto ordito dal sinistro terrorista Safin per impadronirsi di una pericolosissima arma batteriologica di ultima generazione...
Dopo il mezzo passo falso di "Spectre" e una pausa insolitamente lunga, l'agente 007 torna finalmente sul grande schermo con quello che è un unicum nella storia della saga: la prima volta che un episodio della saga si rivela e si comporta senza ombra di dubbio o ambiguità come l'ultimo interpretato dall'attore del momento. Se i precedenti attori, da Connery a Brosnan, si erano congedati dalla saga in maniera defilata, senza porre alcuna enfasi sulla cosa, nell'era Craig si cambia musica: fin dall'inizio la sua si è imposta come una saga a sé stante, con una propria continuity e chiari collegamenti da un capitolo all'altro e adesso il cerchio si chiude, presentando quella che è, a tutti gli effetti, la fine della sua storia. E' questo il suo tratto distintivo, l'evento chiave intorno a cui ruota ogni cosa... o almeno dovrebbe.
Di conseguenza, bisogna chiudere tutti i conti lasciati in sospeso, dare un senso di finalità e allo stesso tempo aggiungere tutti gli ingredienti che la gente si aspetta da un film di Bond. Il risultato finale è solido e un netto miglioramento rispetto al precedente "Spectre", ma non molto più di questo.
C'è chiaramente la volontà di approfondire l'aspetto emotivo e personale della vicenda, come d'altro canto è sempre stato nei Bond di Craig; e a beneficiarne è proprio il rapporto fra Bond e Madeline, più genuino e credibile di prima, anche se paga ancora lo scotto della sua pessima introduzione in "Spectre". Esso si mescola abbastanza bene con la trama prettamente spionistica, che da parte sua soffre di un'esecuzione imperfetta, con una gestione dei toni un po' incerta


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e un tasso di spettacolo stranamente ridotto rispetto allo standard. La fotografia è eccellente, colorata e ricca di contrasti e ben lontana dal fastidioso uso di filtri e desaturazioni, ma il formato panoramico non viene mai sfruttato a dovere se non per qualche bello scorcio di paesaggio. Le scene d'azione, per quanto ben fatte, sono molto ordinarie e prive di guizzi, con qualche bella acrobazia qui e là ma niente che lasci a bocca aperta, con le parti miglior tra l'altro concentrate tutte nella lunghissima sequenza prologo.


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E anche il ritmo è altalenante, con momenti in cui si accelera ad altri in cui si cade in un periodo di ristagno prolungato. La regia di Fukunaga è funzionale, meno impegnata di quanto fatto da Sam Mendes, ma comunque capace di dar vita a qualche sequenza memorabile e a suo modo unica nella filmografia bondiana.


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Ma c'è da dire che parte della pesantezza degli ultimi Bond viene fortunatamente messa da parte: al netto delle sue lungaggini e delle occasionali cadute di stile, questo è il capitolo di Craig più divertente e genuinamente avventuroso, con un rialzo di battute e momenti di commedia sotto le righe che sono una ventata d'aria fresca e un bell'omaggio ai tempi andati del personaggio, specie la versione più scanzonata di Roger Moore.


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Le note dolenti riguardano più che altro la durata spropositata, che si fa sentire soprattutto in un terzo atto tirato per le lunghe, e un villain non all'altezza. Sebbene Rami Malek abbia un carisma e una presenza scenica inquietanti, il suo personaggio non si impone mai come una minaccia credibile, anche perché non viene mai spiegato quale sia il suo scopo ultimo.


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La sceneggiatura sembra non sapere dove andare a parare con lui, motivo per cui molti eventi negli ultimi quaranta minuti hanno un sapore arbitrario e risultano prive di peso o senso.
C'è da dire inoltre che il finale non è eseguito in maniera perfetta: capisco l'idea di base, ma si cede alla tentazione di voler evocare la lacrima facile a ogni costo, infischiandosene se la risoluzione scelta sia quella giusta o in linea col personaggio così come Craig l'ha tratteggiato nel corso di cinque film.


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Alla sua ultima interpretazione Craig se la cava bene, forse la sua prova più vivace e senz'altro più vispa di quanto fatto con Mendes; la Seydoux gli fa da buon contraltare e l'armata di caratteristi che li circonda fa il suo, in particolare la banda di Londra, che stavolta viene integrata nell'azione in maniera più naturale.
L'ultima menzione è per la musica: se la canzone di Bille Eilish è ok, ma di un depresso raro da trovare (suo tratto stilistico), la colonna sonora porta la firma di un Hans Zimmer irriconoscibile, che per una volta mette da parte le sue tendenze verso la musica elettronica e muscolare e tira fuori dal cilindro sonorità che si rifanno apertamente alla tradizione di John Barry (anche se qualche eco di Batman ci scappa verso la fine) e lo fa in maniera capace e con stile. Una piacevolissima sorpresa.
Con "No Time to Die" (peccato il titolo non l'abbiano tradotto) si conclude l'era Craig e il risultato è quanto meno dignitoso, anche se siamo lontani dagli apici della serie. Troppo lungo e senza particolari guizzi spettacolari, ma comunque in grado di svolgere il suo compito.
Bond ritornerà...