Il secondo film di Bresson è un melodramma atipico, una sorta di triangolo sentimentale che si viene a creare in cui fa emergere la componente più meschina della donna, tramite un soggetto molto semplice, basato sul rapporto tra Helene e Jean, due amanti che all'inizio del film si lasciano, anzi è Helene la prima a prendere il discorso per rompere il rapporto, ma rimangono in buoni rapporti, il successivo sviluppo, mostra come con la complicità di Helene, Jean conoscerà Agnes, una giovane ballerina del "Bois du Boulogne" che nasconde un segreto, quello che per mantenersi ed assicurare una vita dignitosa alla madre, si prostituisce, Helene pianifica la sua vendetta, facendo di tutto per incrinare il rapporto tra i due, interessante il gioco di causa ed effetto e come influenza la psicologia di Helene, per intenderci, inizialmente sembra che Helene sia a modo suo sincera nel far conoscere la coppia, pensando che Jean e Agnes possano avere solo una relazione passeggera, è il loro innamorarsi sinceramente e il trovare la felicità che crea un nascente sentimento di invidia in Helene e la porta a trasformarsi in una vipera invidiosa, a tal proposito è straordinaria l'intepretazione di Maria Casares, che caratterizza un personaggio mangiato dall'odio, che non ha neanche bisogno di parlare, con gli sguardi, col linguaggio del corpo fa trasparire i sentimenti di racore e vendetta che prova nei confronti della coppia, un rancore che la scava profondamente e la porta, nel privato, anche a momenti di crollo emotivo, mi è sembrato che Bresson ha voluto sottolineare molto l'ego ferito di una donna che pensava di avere la situazione in pugno, che pensava di essere il principale punto di riferimento di Jean, tolta questa certezza cade in uno sconforto e in una viscerale rabbia che la trasforma nel villain dell'opera.
Ma il film tratta molto bene anche il rapporto tra i due amanti, Jean e Agnes, con questo amore che si sviluppa tra l'iinconsapevolezza di lui e la vergogna di lei, è un amore che sembra incondizionato e non tiene conto delle convenzioni sociali, il finale sembra prendere la piega pessimista del precedente film di Bresson, con un altro personaggio femminile che muore per la disperazione, invece l'amore più puro, quello non influenzato, quello noncurante, regala una speranza alla coppia.
Messa in scena di livello, sempre dai toni minimalisti, qui Bresson è accompagnato dagli splendidi dialoghi di Cocteau che mettono molto in risalto la componente emotiva dei personaggi, il contesto in cui si muovono, tramite anche le interpretazioni vi è una forte espressività, un gioco tra il detto e il non detto, sentimenti puri ma anche reazioni puerili, librandosi tra l'amore cristallino e sintomatiche reazioni d'invidia, straordinario nel far emergere prepotentemente l'emotività, ma il bello stava per arrivare.