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MELANCHOLIA (2011) regia di Lars von Trier

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stratoZ     8½ / 10  12/10/2024 16:22:51 » Rispondi
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

Von Trier è un autore che mi piace particolarmente, uno di quelli che riesce sempre a smuovere qualcosa dentro di me, "Melancholia" è uno dei suoi film che preferisco, un'opera stilisticamente straordinaria in cui il regista mette in scena a modo suo questa sorta di apocalisse sottolineando l'aspetto psicologico delle persone che devono affrontare la fine.

Diviso in due capitoli, dopo un incipit fantastico in cui si vede già l'inevitabile dramma iper caricato di solennità e pathos con queste sequenze a rallentatore che nonostante il disastro non nascondono la bellezza dell'universo, la prima parte riguarda il matrimonio di Justine, giovane donna dalle più rosee prospettive, sembra aver trovato l'amore della sua vita e viene anche promossa dal suo datore di lavoro ad art director, sembra la sua vita sia arrivata ad un punto di realizzazione invidiabile per la maggior parte delle persone, invece, la mente, fragile e lunatica, fa brutti scherzi, rovinando tutto il costruito di buono fino a quel momento in una notte, mandando a rotoli il matrimonio e facendole perdere il posto di lavoro, sembra una Justine fuori controllo, con comportamenti all'apparenza inspiegabili allo spettatore - potrebbero restare inspiegabili anche più avanti, d'altronde non c'è sempre una spiegazione a queste dinamiche - questa prima parte è caratterizzata da dialoghi fitti, alti e bassi molto impattanti, dalla gioia del matrimonio fatto di bei discorsi, complimenti, adulazioni e via dicendo, al crollo emotivo della protagonista, che da un momento all'altro si isola dal mondo nel bel mezzo della cerimonia, rinunciando a quella che viene considerata tra le più importanti convenzioni sociali, la camera di Von Trier è una palla pazza che gira a mano tra i tavoli degli ospiti, uno stile che si sporca volontariamente e ad i fan di vecchia data del regista può ricordare i tempi del Dogma, qui probabilmente rispecchia semanticamente l'instabilità della protagonista stessa, come può tremare la mano al cameraman, può tremare l'emotività di Justine da un momento all'altro, e non c'è nulla che stabilizza.

La seconda parte cambia totalmente registro, si concentra sul rapporto tra Justine e la sorella, che aveva organizzato alla perfezione il matrimonio, impiegando anche grossi mezzi economici con una grossa delusione per il cattivo esito, qui lo stile si fa più dilatato, i dialoghi vengono ridotti all'osso, le inquadrature si fanno stabili ed incombe prepotentemente il pianeta Melancholia, che si viene a scoprire entrerà presto in collisione con la terra, è una seconda parte in cui emergono gli stati d'animo dei personaggi, rinchiusi in questa grande tenuta, ormai vuota dopo il matrimonio fallito che progressivamente diventano consapevoli di star trascorrendo gli ultimi giorni, Justine sembra quella rassegnata, accetta la fine senza disperazione, in silenzio, la sua depressione l'ha portata ad un tale livello di nichilismo e apatia che la prospettiva di una fine imminente non appare neanche come il più drammatico degli scenari, però, in Justine fa ancora capolino uno spiraglio di bontà, usando le sue forze per consolare la sorella e il nipotino che sembrano ben più disperati, costruendo questo rifugio immaginario dove aspettare il pianeta in un finale estremamente poetico.

Fantastiche le interpretazioni, sia della Dunst in una delle sue migliori performance, che della Gainsbourg, Von Trier realizza uno dei suoi film più poetici, stilisticamente elegantissimo con una fortissima espressività, dai numerosi rimandi pittorici, come quello all'Ofelia di Millais ai Cacciatori nella neve di Bruegel - opera non casualmente usata anche da Tarkovskij in "Solaris" - è un'opera che prova a penetrare nei meandri della psicologia umana, in una mente martoriata dalla depressione in cui anche l'apocalisse, in fondo, sembra acquisire il suo fascino, a metà tra l'esistenzialismo e la psicologia, film straordinario.