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MOUCHETTE regia di Robert Bresson

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stratoZ     8½ / 10  15/10/2024 12:27:29 » Rispondi
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

"Mouchette" è un'opera che ha tante caratteristiche in comune con la precedente opera di Bresson "Au Hasard Balthazar", ma anche con "Diario di un curato di campagna", difatti tematicamente parlando affrontano in maniera estremamente efficace e pessimista il contesto di una realtà sempre più nera, questa volta non c'è più l'asinello, ne il prete a subire le angherie e la cattiveria del mondo esterno ma è il turno di Mouchette, ragazzina di appena 15 anni con la madre gravemente malata e costretta a letto, il padre alcolista e violento, un fratellino appena nato non sopportato neanche dalla madre e il fratello maggiore fondamentalmente indifferente agli avvenimenti, il procedere della sceneggiatura è una discesa nel menefreghismo e nella cattiveria umana, l'innocente animo di Mouchette viene messo a dura prova, anche frainteso a volte, la ragazzina a differenza dei precedenti personaggi bressoniani ha un ghigno di disapprovazione, è perennemente corrucciata, il contesto sembra avere già avuto un grande effetto su di lei, che in parte prova a ribellarsi, come si può vedere nel rapporto con le compagne di classe a cui tira il fango, ma è un'anima fondamentalmente buona che proprio per questo ci rimetterà.

Bresson ci concede un solo momento di gioia in tutto il film, la sequenza alle giostre, con Mouchette nell'autoscontro, unico momento di libertà in cui la si vede anche sorridere, scambiare qualche sguardo con un ragazzino che ha attirato il suo interesse e sembra ricambiare, ma il tutto viene stroncato pochi minuti dopo dalla figura autoritaria e violenta del padre che nega a Mouchette il divertimento, riportandola alla sofferente vita reale.

Ma il calvario di Mouchette si realizza in quel fine giornata mentre torna da scuola, prendendo la strada del bosco, quando incontra il bracconiere che aveva avuto una colluttazione con un altro per la contesa di una donna - il che già dice molto - con la bontà di Mouchette nell'aiutarlo nel momento di maggiore difficoltà che non verrà ricambiata, anzi ne approfitterà per violentare la ragazzina, un momento emotivamente terribile che trascina lo spettatore nello sconforto, come al solito appena accennato da Bresson che lascia l'orrore al non visto, all'appena suggerito, come era già successo nella violenza di gruppo su Marie nel film precedente, il problema è che se la violenza del bracconiere sembra il punto più basso in realtà non lo è, il mattino dopo è addirittura peggio, la morte della madre e la voce che si è andata diffondendo di Mouchette che ha passato la notte col bracconiere causerà anche un forte biasimo nella bigotta popolazione locale, come nei precedenti film del regista sembra che al peggio non ci possa essere mai fine, a allora, questa volta per volontà propria, Mouchette compie l'atto liberativo per eccellenza, con la stessa silenziosità di Balthazar, in maniera più scenica, e probabilmente anche metaforica, in quel fiume che sembra voglia risciacquare tutto il male assorbito dalla ragazzina, ponendo fine alle sue tremende sofferenze dopo qualche tentativo.

Bresson agli apici del suo pessimismo, in un film senza un minimo di speranza, nero come la pece, mostra una natura umana senza via d'uscita, una cattiveria che fa regredire l'uomo alle sue più basse pulsioni, con la sua splendida regia spoglia ed essenziale, scende senza fronzoli e senza fermate in uno dei punti più neri dell'animo umano, terribile, ma con accezione positiva.