Piccola perla anche un po' troppo misconosciuta di Ferroni, autore di genere che assieme a Bava, Margheriti e Freda, stava gettando le basi per il cinema horror italiano, questo film ha delle caratteristiche, sia visive che narrative, che si ripercuoteranno all'interno del genere, considerando pure che siamo nel 1960, l'anno stesso in cui uscì la Maschera del demonio, il film risulta estremamente fresco, anche trattandosi del primo horror gotico italiano a colori, e non è da escludere che Bava abbia potuto prendere ispirazione dalle tinte pop della fotografia che Pier Ludovico Pavoni ha utilizzato, specie negli interni, di questa pellicola.
Difatti, è innegabile che l'ambientazione sia uno dei punti forti del film, gli esterni sono fantastici, siamo in Olanda, tra canali, un molo che ricorda subito "Vampyr" di Dreyer, questi mulini nelle praterie desolate e piene di nebbia, uno di questi appartiene a questo famoso scultore che ha realizzato una sorta di carillon gigante con diverse figure a grandezza reale di donne, buona parte di esse personaggi storici, tra regine, eroine, principesse, martiri, essendo molto considerato nell'ambiente artistico un giovane studente d'arte va in questo mulino per scrivere un saggio, conoscendo anche la figlia dello scultore, molto malata, ma con la quale intratterrà una relazione, che però morirà a breve, da lì, dopo diverse scene che definirei labirintiche, in cui il confine tra realtà, sogno e allucinazione sembra abbattersi, il giovane sembra rivedere l'amata, creandosi qualche sospetto sulla macabra verità che circonda il luogo.
Il soggetto sta un po' in bilico tra la fantascienza con la classica figura dello scienziato pazzo, l'horror gotico e il dramma vero e proprio, con lo scultore che non riesce a rassegnarsi per la malattia della figlia e cerca in tutti i modi di tenerla in vita, anche usando metodi molto macabri, è un film in cui la tensione cresce esponenzialmente col dispiegamento degli indizi, che vengono gestiti benissimo da Ferroni, lanciando piccole suggestioni un po' alla volta, salvo poi esplodere in una macabra e drammaticissima parte finale che riesce addirittura a far provare una grossa empatia anche per quello considerabile il cattivo, l'opera porta in voga molti degli elementi che caratterizzeranno l'horror gotico italiano, dalle ambientazioni lugubri, lo splendido mulino al suo interno risulta vetusto e logorato dal tempo, un po' come i personaggi, l'erotismo esplicito che viene rimarcato in più di una sequenza con quel sentore di necrofilia che rivedremo in tante opere all'interno del genere - quanto è bella la scena del bacio in soffitta? In cui tutto è in penombra e vengono illuminati soltanto gli occhi di Elfi con una luce spot? Fantastica - la fotografia come ho già detto è straordinaria, se gli esterni risultano uggiosi l'interno del mulino è dipinto da tinte calde che si sposano benissimo con la scenografia gotica, con qualche luce rosso acceso che spunta da dietro l'armatura creando anche quella sensazione lievemente lisergica che può dubitare delle visioni a cui stiamo assistendo, o ancora, diverse scene estremamente creepy, caspita quel carillon fa una paura matta con tutte quelle statue di donne morte che spesso vengono inquadrate dal basso con la camera ferma e vengono meccanicamente verso lo spettatore.
Ferroni crea un contesto di amore e terrore, ma anche morboso attaccamento di alla vita che sfocia nel macabro, a mio parere un film splendido, paragonabile alle opere di Bava, spaventoso, drammatico, ipnotizzante visivamente, tanta roba.