Da un certo punto di vista il soggetto ricorda "Rosemary's baby", ma per fortuna è un film che brilla di luce propria e riesce a distaccarsene, l'ho trovato una discreta pellicola, opprimente, inquietante, claustrofobica, a partire dall'incipit in cui questa domestica straniera va ad abitare in questa casa di campagna isolata dal mondo, con la coppia di proprietari che sono delle specie di hippie che rifiutano la società contemporanea, coltivando il cibo loro stessi, vivendo senza elettricità, componenti che già accrescono l'inquietudine fin dall'inizio.
Ad un certo punto alla domestica, entrata più in intimità e nelle grazie dei proprietari, verrà fatta una richiesta parecchio particolare, quella di fare da madre surrogata, portando in grembo il figlio della coppia, visto che lei non può averne, in cambio di una cospicua somma di denaro, il procedere della narrazione e di conseguenza della gravidanza, prende sempre risvolti più inquietanti in cui il rapporti della domestica vanno sempre più a deteriorarsi, il quello con la madre, quello con la bambina che porta in grembo e quello col proprio corpo, creando un crescendo di inquietudine e una sorta di forza sovrannaturale che toglie le forze alla giovane donna, la bambina diventa sempre di più una sorta di parassita che avrà degli effetti anche sulla psiche della donna, portandola alla psicosi più pura, è qui che il film che fino a quel momento aveva mantenuto una struttura da dramma familiare, esplode in una sorta di orrore, più suggerito che esplicitato, per le scelte stilistiche del regista, che preferisce giocare col non visto, è una regia che quasi tende a censurare l'orrore, ma lo fa per accrescere lo spaesamento nello spettatore, spiegando poco o nulla, trasportandolo efficacemente nel punto di vista della domestica, donna in territorio straniero, circodata prevalentemente da estranei in un posto sperduto e inquietante con una creatura che sembra divorarla dall'interno, fino ad un inevitabile epilogo dai risvolti sia drammatici che parecchio morbosi.
Messa in scena di livello, dall'ambientazione cupa nella fredda campagna danese, valorizzata da una fotografia fosca, leggermente desaturata e dai colori freddi che tende in alcune sequenze all'allucinato - la scena del pollaio ad esempio, tra le più inquietanti del film -, con una regia che dilata molto i tempi, ma la lentezza di fondo è efficace nell'accrescere la suspense.