Ma che bel thriller ha diretto Haneke qui, ha le caratteristiche che piacciono a me, bello freddo, teso, dal forte coinvolgimento emotivo e con un sacco di sottotesti che lo rendono colmo di critica sociale e saltuariamente sfociando nel metacinema, come si può vedere fin dall'inizio con l'autore che decide di aprire con la ripresa a camera fissa dell'esterno della casa del protagonista, scoprendo poco dopo si tratta di un video che stanno guardando i personaggi e catapultandoci subito nelle peripezie di Georges, conduttore televisivo di discreto successo che viene intimidito da delle cassette che gli vengono recapitate contenenti le registrazioni dell'esterno di casa sua, con anche i membri della sua famiglia che vengono ripresi a loro insaputa, ben presto il mistero si infittisce, col protagonista che si smazza tra le forze dell'ordine che sottovalutano la questione e un po' di ricerche fai da te tramite gli inquietanti disegni recapitati con la cassetta, se la prima parte è quella dove l'autore detona meglio la suspense, con la costante sensazione di essere in pericolo, che in realtà non impenna quasi mai, ma comunque mette a disagio, la seconda con un progressivo emergere dei dettagli e della - probabile - verità dietro tutto questo si concentra molto di più sulla critica intriseca ai caratteri, con Haneke che come al suo solito prende di mira la classe borghese, mettendone in evidenza le ipocrisie e le meschinità, viene anche approfondito il rapporto tra Georges e la moglie, interpretata da una spledida Juliette Binoche, a cui tiene nascosti diversi particolari, arrivando a mentire per mantenere un'immagine il più integra possibile ma che viene costantemente smentita e danneggiata dalle riprese mandate sia a casa che nel luogo di lavoro, mi è sembrato che il film qui abbia voluto sottolineare una certa dicotomia tra il modo di fare e le apparenze borghesi e il marcio che ne viene fuori visto da un punto di vista oggettivo come quello della telecamera che riprende gli eventi.
Poi viene tirato in ballo tanto altro, dal passato che rincorre il protagonista, dato che il presunto mandante ha dei conti in sospeso con lui e serba rancore da quando aveva sei anni, con vari riferimenti alla questione franco-algerina, ma anche il rigetto di un bambino di sei anni, cioè Georges da piccolo, nei confronti del fratellastro, come ci fosse del classismo intrinseco già evidente a quell'età - Haneke non fa sconti nemmeno con i bambini, lo dimostrerà anche quattro anni più tardi ne "Il nastro bianco" -, al rapporto col figlio che sembra non sopportare più dei genitori totalmente assenti e negligenti nei suoi confronti - la sua momentanea sparizione personalmente mi ha creato un forte imbarazzo, soprattutto alla luce del fatto che Georges fosse convinto il figlio si trovasse in camera, e questo rende benissimo la natura del rapporto tra i due e fa trasparire che tipo di persona sia il protagonista -
Girato, neanche a dirlo, splendidamente, dai tempi dilatati, una regia fredda e senza fronzoli, fatta di piani lunghi, una camera statica che prende spesso un punto di vista distaccato giocando molto con il video diegetico ed extradiegetico, una fotografia tendenzialmente realistica e delle interpretazioni di assoluto valore, forse Auteuil è il migliore, anche perché il suo personaggio riesce ad avere tante splendide sfaccettature e lui è bravissimo nel valorizzarle, ma tutto il cast va alla grande.