Altro grande film di Haneke che continua il suo discorso approfondendo i rapporti umani, l'incomunicabilità e la cattiveria col solito nichilismo che lo contraddistingue, con uno stile unico, riconoscibilissimo già dall'incipit e da diverse sequenze magistrali in cui adotta il suo tipico punto di vista distaccato, privilegiando spesso il long take, che la camera si muova o resti ferma, con una grande efficacia semantica, questo film in particolare mostra una serie di storie che si intrecciano, partendo da una prima sequenza che già racchiude in modo sintetico i temi e le situazioni che verranno affrontate nel resto del film, senza mai staccare, inizia a seguire questi personaggi, caratterizzati da un egoismo evidente tra le righe e la poca disponibilità ad ascoltare gli altri, il loro ragionare per luoghi comune, non produrre un pensiero approfondito, non provare nemmeno a capire, così fin da subito il personaggio interpretato da Juliette Binoche, che nel film è un'attrice incontra il cognato, appena fuggito casa per dei contrasti col padre, che stava ristrutturando la casa per far vivere lì il figlio - che se analizziamo già questo gesto mostra un forte finto altruismo, lui si fa il mazzo per il figlio, è convinto di fargli un regalo, ma non l'ha mai ascoltato neanche per un attimo, dato che il figlio non vuole assolutamente vivere lì - già si vede la donna che conversa col cognato per pura convenzione, ascoltando superficialmente le sue motivazioni ma cercando di liquidarlo velocemente per via di alcuni impegni lavorativi, dopo scoppia il casino con l'uomo che tira la cartaccia alla mendicate e il ragazzo di colore che lo intima più volte, anche prendendolo di forza, a chiedere scusa, con le forze dell'ordine che interverranno portando in caserma il ragazzo, a cui non è stata data mezza possibilità di spiegare l'accaduto, e rimpatriando la donna che nel frattempo stava provando a fuggire, ma ciò che colpisce è la difficoltà nell'ascolto delle forze dell'ordine, che preferiscono colpire il ragazzo, palesemente inoffensivo, per tagliare corto, un ritratto di un'umanità sempre più isolata emotivamente.
Il prosieguo del film è su questa linea, Haneke decide di spezzettare il tutto, creando una sorta di film corale che continua a seguire gli avvenimenti dei personaggi a partire da questo episodio regalando ancora ottime sequenze, introducendo altri personaggi secondari, come il marito della donna, reporter di guerra, come si vede più di una volta, spesso incompreso dagli amici per via del suo mestiere o andando a conoscere meglio la famiglia del ragazzo di colore, con alcuni episodi emblematici, come quello del figlio accusato di fumare marijuana ed incastrato da uno dei suoi compagni perché fin dalla scuola ai ragazzi vengono inculcati i luoghi comuni, quindi quale capro espiatorio migliore di un ragazzino di colore? Mostrando il problema all'origine, un'altra rappresentazione nera, quasi senza speranza dell'uomo da parte del regista, fino ad arrivare all'angosciante sequenza in metropolitana, con l'uomo che importuna la protagonista e una fredda indifferenza da parte degli altri presenti che mette a disagio, soltanto uno di loro avrà un atto di buonsenso prendendone le difese, in questo caso Haneke adotta ancora una volta la sua inquadratura distaccata, un campo largo a camera fissa che fa muovere i personaggi nello spazio senza staccare mai, un punto di vista quasi da telecamera di sorveglianza che però crea una tensione altissima data dalla natura intimidatoria dei soggetti.
O ancora, porta spesso il focus sulle vicende della mendicante, tornata in patria a raccontare le sue esperienze da clochard alla famiglia, con un forte senso di vergogna, causata anche dall'insensibilità dei passanti che la vedono sporca, o ancora, le vicende di Anne, che si mischiano al suo lavoro di attrice, e con quella lettera ricevuta da una bambina apparentemente in pericolo, non considerata da lei e dal compagno, in una scena abbastanza emblematica al supermercato in cui lui è più coinvolto a pensare a cosa prendere da mangiare rispetto al contenuto della lettera, rendendo il tutto abbastanza straniante.
Nel complesso, una bella opera, nera analisi della natura umana in una società sempre più improntata all'egoismo e ad un forte distacco emotivo, efficace la scelta di rendere le storie incomplete narrativamente come a non dare una vera e propria fine a questo fenomeno, ben recitato e con un gran montaggio.