Splendido film di Montaldo, che anche grazie alla collaborazione di un Volonté come al solito grandioso, realizza un'opera storica di gran livello, portando su pellicola gli ultimi anni di vita del filosofo Giordano Bruno, concentrandosi particolarmente sul processo che ne ha portato, come tutti sappiamo all'esecuzione al rogo in Campo de' fiori, è un film che prende efficacemente come modello le opere su Giovanna D'arco, che sia il film di Dreyer - principalmente a mio parere - che quello di Bresson, ma riesce a risplendere di luce propria, facendosi forza su un contesto curato nei minimi dettagli, Montaldo mostra l'epoca dell'inquisizione tra fine cinquecento ed inizio seicento, con una visione critica spiccata, mostrando una Chiesa ormai diventata un'istituzione basata sul terrore, sulla punizione, denunciandone implicitamente un'ipocrisia di fondo che la porta ad allontanarsi totalmente dai messaggi d'amore e indulgenza della fede, allo stesso tempo mostra il tribunale dell'inquisizione con tutti i suoi dogmi, i momenti simbolo dell'opera probabilmente sono i confronti tra Giordano Bruno e i giudici, in cui il filosofo vorrebbe davvero avere un confronto costruttivo, anche prendendosi la responsabilità dei suoi scritti, ma che invece vengono continuamente interpretati a senso unico dai giudici che gridano all'eresia al minimo parere contrastante con l'istituzione, non importa quanto ben argomentate siano le sue tesi, Giordano Bruno è l'ennesima voce scomoda contro un'istituzione che ha basato la sua capacità di mantenere il potere sulla soppressione.
Fantastica la ricostruzione visiva, con una componente particolarmente cupa che mostra semanticamente i secoli bui che si stavano vivendo, tra i vicoletti oscuri di Venezia e una Roma che non viene inquadrata quasi mai in esterno, essendo il tutto ambientato in queste carceri vetuste, regalando momenti dal forte impatto visivo, mi viene in mente l'inquadratura di Volonté dopo essere stato torturato con un chiaroscuro di luce che illumina solo il suo corpo nel mezzo del buio della prigione, ricordando lo stile di Caravaggio, che tra l'altro era contemporaneo alla vicenda.
E poi c'è l'interpretazione di Volonté, straordinario come al solito, dipinge un Giordano Bruno implacabile, dedito ai suoi valori, alla ragione, uomo di scienza e filosofia con una mentalità straordinariamente aperta, disposto al dialogo, che sembra di un altro pianeta rispetto al bigottismo degli uomini di potere ecclesiastici, che trovano il perfetto contraltare nel cardinale Sartori, il maggiore sostenitore di una linea dura da parte della chiesa che col suo polso fermo vuole condannare il prima possibile il filosofo per spegnere le sue idee e mantenere il potere, incutere il timore, andando anche contro il Papa in persona che qui è ben più titubante rispetto alla condanna di Bruno.
Film che è una perla del cinema italiano, a metà tra il cinema d'inchiesta e quello storico, grande atto d'accusa verso l'istituzione ecclesiastica ma anche un elogio per un uomo dalla grande conoscenza, saggezza e capace di sfidare coraggiosamente i dogmi del tempo.