Garland filma una pellicola dal sapore lisergico, un thriller psicologico cupo ed oppressivo che si concentra sul senso di colpa, specialmente, e sull'elaborazione del lutto, raccontando la storia di Harper, donna che ha vissuto una relazione molto tossica col marito, che si è suicidato in seguito alla volontà della donna di divorziare, andando successivamente in questa tenuta nel bel mezzo della campagna inglese per distrarsi un po' dai drammatici eventi, è un film con una narrazione piena di intermezzi, che cerca di seguire una linea temporale coerente ma viene spesso interrotta da frammenti del passato che tormenta la protagonista, il montaggio a modo suo si fa tramite della mente della stessa che non riesce a stare concentrata nel presente e inevitabilmente finirà col rimuginare sugli eventi.
Col procedere del film la mente della protagonista subirà una terribile discesa nei meandri del senso di colpa e della paranoia, arrivando alla psicosi, l'autore mischia abilmente realtà e allucinazione, senza mai dare una risposta definitiva agli eventi, allo stesso tempo contestualizza il mondo misogino con cui viene a contatto la protagonista, fatto di maniaci che girano nudi nel giardino della villa dove alloggia, poliziotti noncuranti che tendono a sottovalutare la questione, ma forse stupisce ancora di più la figura del prete che tende a giustificare gli atti estremi del marito dando la colpa alla donna, il tutto diventa una grande metafora della misoginia al giorno d'oggi verso la quale le varie istituzioni - forze dell'ordine, organizzazioni religiose - sembrano noncuranti o addirittura accondiscendenti, creando una situazione in cui la tensione si impenna, con la costante minaccia da parte dell'uomo e la consapevolezza di essere da sola contro il resto del mondo, le sequenze finali prendono una valenza estremamente simbolica, sfociando anche nel body horror, rappresentando una spirale di violenza che si rigenera, come venisse passata da generazione in generazione, efficace anche l'uso della fotografia, diametralmente opposto tra i momenti prettamente narrativi, dallo stampo più realistico, dominati dal verde boschivo della zona, alle forti tinte rosse dei momenti allucinatori, Garland è un buon mestierante e regala sequenze degne di nota - la scena della mano che viene tagliata esattamente a metà-.
Nel complesso, nonostante un'eccessiva divisione di caratteri monodimensionali - non esiste una figura maschile positiva - è un discreto film che mostra la violenza - che può essere sia fisica che psicologica - e la misoginia sotto un punto di vista cupo e allucinato.