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LA PIANISTA regia di Michael Haneke

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Elfo Scuro     8½ / 10  06/02/2025 06:47:35 » Rispondi
L'approccio alla violenza: fisica, carnale, mentale, amorevole e sociale nei film di Michael Haneke non finirà mai di stupirmi. Il regista è totalmente asettico (come una sala operatoria), tecnicamente sopraffino ma affetta come un bisturi le emozioni dello spettatore. Efferato ma nei dettagli, nelle scelte di copione con il quale il film prende forma, poi quando tutto esplode sia verbalmente che fisicamente si rimane perplessi, toccati, amareggiati, distrutti e lasciati alla marea di sensazioni che vivono i personaggi. La musica classica accompagna questa storia di una talentuosa insegnante di piano (del conservatorio austriaco) che dentro di sé porta una forta repressione sessuale che sfocia nel sadomasochistico e voyeuristico, un'artista confinata nelle sue mura senza nessuna possibilità di sfogarsi. Presuppongo sia facile vedere nella protagonista un carnefice autolesionista, ma vi è da notare le cause e il modo con il quale interagisce ai suoi errori e sbagli, piccoli dettagli che non la rendono migliore del mondo in cui vive. Come Sartre nella "Nausea" si assiste ad una totale distruzione del ceto alto borghese, acculturato ma pregno di un'iposcrisia che ne dimostra subito le perversioni dietro tanto sfarzo e intelettualismo, anche partendo dai migliori propositi. Ripeto, è facilissimo giudicare la protagonista che è detto semplicemente una pervertita, ma dietro si vede la totale mancanza di concepire l'amore naturalmente e la presenza di una madre iperprotettiva che ne taglia qualunque libertà di sfogo (senza parlare del padre pazzo. Erika va giudicata per le sue azioni? In parte, ma questo non vuole dire che la sua visione del mondo non rispecchia la realtà, oltretutto l'azzeramento della mascolinità in questo film è stupefacente, rendendo lo stupro solo un mero atto di vendetta più che qualcosa di carnale. Isabelle Huppert si mangia il ruolo, la freddezza del suo personaggio è talmente ben svolta che dona mille sfumature tra parole, sguardi e movimenti fisici (come se la perversione masticasse con denti d'acciaio gli angoli della mente), probabilmente il ruolo della vita come si dice in gergo. Non male il resto del cast in particolare Annie Girardot nel ruolo della madre e Benoît Magimel nelle vesti dell'amante, personaggi non facili ma intepretati su schermo in maniera esemplare, da notare pure un piccolo cammeo di Eva Green (del resto il diretto della fotografia è suo zio). Per il resto Christian Berger è sempre ottimo visivamente nei film di Haneke, la costumista Annette Beaufays (coadiuvata dal regista) offre una scelta iconica nel vestiario della protagonista seguendo pedissequamente il libro su cui è basata la pellicola (omonimo uscito nel 1983 per penna di Elfriede Jelinek).