Bel thriller psicologico di Altman, un po' derivativo da altre opere del periodo o immediatamente precedenti, mi ha ricordato qualche film di Hitchcock ma forse si avvicina molto di più alla trilogia dell'appartamento di Polanski, in ogni caso, la regia di Altman riesce a far splendere il film di luce propria, adattandosi molto bene al contesto, con questa camera che sembra vagare tra questi cupi interni della dimora dove questa scrittrice si è ritirata in seguito alle sue turbe mentali, prendendo a volte una visione simil soggettiva, utilizzando spesso e volentieri una sorta di power zoom, in realtà più lento, per attirare l'attenzione sui dettagli, indugiando tanto su particolari semantici, come possono essere gli specchi, a sottolineare la tematica del doppio, insomma non è nulla di rivoluzionario, anche al tempo, ma funziona bene, ha un linguaggio efficace nel narrare le disavventure psicologiche della protagonista, a metà tra l'allucinazione e l'incubo, con visioni surreali che si fanno sempre più frequenti e confusionarie, esplicitando bene il senso di colpa, mettendo in gioco tre personaggi immaginari principali i quali ognuno sembrano rappresentare i fallimenti nella vita, dal presunto adulterio nei confronti del marito, al senso di colpa per la morte dell'amante, fino all'inadeguatezza nell'essere madre, con queste presenze che si fanno sempre più costanti ed opprimenti, valorizzando tanto l'atmosfera cupa che una scenografia perlopiù in interni, di questa casa rurale irlandese, che può ricordare qualche horror gotico del periodo, rende particolarmente claustrofobica, tra le penombre e un'arredamento vetusto, ancorato al passato come una protagonista che non ha superato i suoi traumi.
Dall'andamento nevrotico, con un sonoro che infastidisce volutamente lo spettatore, tra le urla disperate di una protagonista con i nervi a fior di pelle e la bella colonna sonora di John Williams a base di archi tesissimi, è un'interessante discesa nei meandri di una psiche malata, martoriata dai traumi e dalla schizofrenia, con un bel finale aperto, in cui ormai si evince uno stato della malattia in cui è impossibile scindere l'allucinazione e la realtà.