"California split", sebbene lo trovi tra gli Altman minori, è un discreto film, un buddy movie dalla narrazione iperbolica che applica il contesto del gioco d'azzardo ad una metafora ben più grande, quella dell'ossessione del guadagno facile del mondo occidentale negli anni del capitalismo più sfrenato, l'autore americano tramite la simpatica storia di questi due amici, tra locali fumosi della provincia americana, sigari e whisky, sentite corse dei cavalli che diventano una grande occasione di guadagno, una forte scaramanzia che prende una ritualità che diventa fondamentale secondo i soggetti descritti e un viaggio nei grandi casinò visto come una vera e propria aspirazione di vita, dipinge un'America edulcorata, con la costante presenza di caratteri sopra le righe, disposti a tutto pur di avere un po' di guadagno facile - che poi entra nel paradosso col fatto che con tutto il tempo che ci impiegano e la fatica psicofisica, tanto facile non è - creandone una vera e propria dipendenza, con in mezzo anche un certo spirito puerile nel non accettare le sconfitte, sconfinando anche in conflitti verbali o colluttazioni fisiche, comportamento probabilmente catalizzato dall'accanimento al gioco che toglie spazio alla ragione e fa prevalere un meschino istinto.
Sulla carta è un gran bel soggetto, nel pratico, sembra che oltre ad una bonaria e sottile ironia sul tema, Altman non voglia essere incisivo più di tanto, alla luce anche di un finale dalle tendenze riconcilianti che nonostante sia apprezzabile, non eleva il film a più di quel che sembra un buon buddy movie dal contesto ludopatico, poi per carità ha tutti i pregi tecnici del caso, da una buona ricostruzione scenografica alla fotografia un po' sporca tipica di queste opere, fino ad una buona complicità tra il duo protagonista che accresce l'empatia dello spettatore e da vita ad acuti dialoghi, ma nel complesso è tra i meno memorabili del regista.