Francamente, mi sono stancato di questi biopic tutti uguali, poi quando si parla di biopic musicali raramente riesco a trovare qualcosa che si distacchi, in realtà, il buon Todd Haynes l'aveva fatto un film su Dylan originale e con una verve stilistica unica, Mangold invece no, realizza il classico film studiato a tavolino per gli oscar, prendendo spunto da un libro che racconta quello che effettivamente è uno dei momenti più importanti della storia della musica contemporanea, quando Bob Dylan per la prima volta imbraccia la chitarra elettrica a Newport, il problema è che il film non presenta mezzo spunto originale, c'è la solita manfrina dell'artista emergente, che inizialmente è in balia dei produttori che vogliono che faccia cover dei pezzi classici perché vendono di più e blablabla, poi però mostra tutto il suo talento e si arriva al punto in cui l'artista vuole distinguersi a tutti i costi e sfida questi poteri forti della musica con la classica menata dei produttori che fanno di tutto per ostacolarlo, il pubblico che non apprezza il suo genio salvo poi ricredersi - ma solo nei titoli di coda quando si vengono a sapere le grandi imprese di Dylan -
Ora partiamo dal presupposto che Bob Dylan è uno dei pochi artisti da cui accetto un po' d'agiografia, semplicemente perché lo amo, perché ritengo sia stato tra i musicisti più influenti del novecento e diversi altri motivi correlati a questo su cui non mi voglio dilungare, il problema del film è che anche avendo a disposizione un soggetto con un potenziale simile lo riduce alla classica vicenda romanzata che si è vista in decine di altri biopic, e qual è il risultato? Che paradossalmente normalizza un artista che in realtà sarebbe realmente straordinario, questa standardizzazione della narrazione per ammiccare un po' il pubblico e leccare un po' di cul1 all'Academy porta lo stesso Dylan in una bolla di mediocrità che non gli si addice, l'unico aspetto positivo del film è che viene contestualizzato l'ambiente della musica folk americana del periodo, pieno di dinosauri fondamentalmente in mezzo a cui Dylan giganteggiava per creatività, estro e poetica, viene un po' mostrato come veniva stigmatizzata la musica rock dai produttori e dagli organizzatori del festival, tutto molto bello, ma non viene minimamente approfondito quello che poi sarà l'effetto degli album di Dylan sul rock, anzi sulla musica contemporanea, non si parla delle influenze gigantesche di un autore che ha preso un genere acerbo e associato a quattro ballate per rimorchiare nei locali e lo ha fatto diventare di una maturità impressionante trattando i temi più disparati e influenzando una miriade di cantautori, no il film riduce tutto alla classica sfida al sistema e alla società retrograda che abbiamo visto in tutte le salse, riducendosi a quel tira e molla tra Dylan e gli organizzatori del Newport fino a quella scena dove volano cazzotti perché vogliono staccare la musica mentre esegue i pezzi elettrici, ecco lì mancavano solo Stallone, Bud Spencer e Terence Hill, ma per favore. Non approfondisce nemmeno bene la questione della controcultura, dei movimenti del periodo, viene solo accennata dal personaggio della Fanning con Dylan che va a qualche comizio per l'uguaglianza solo perché trascinato dalla compagna.
Poi per il resto, bisogna dire che il film è una goduria, per ovvi motivi, ovvero perché è pieno di pezzi di Dylan del suo periodo più iconico, partendo dal primissimo album di cover, in cui non era ancora lui, agli altri tre dischi di stampo più folk pieni di pezzi straordinari, fino agli albori della trilogia elettrica, che sarà destinata a cambiare la storia della musica, tra concerti, momenti in sala di registrazione, duetti con Joan Baez e altri momenti di svago in cui strimpella, è un'occasione per ascoltare canzoni una più bella dell'altra, che poi sono l'unico motivo per vedere sto film.