"McCabe and Mrs. Miller" è un capolavoro del western crepuscolare, tra quelli che preferisco del sottogenere che in quegli anni stava proliferando parecchio, molto atipico stilisticamente, è un film colmo di disillusione e poesia, la prima incursione di Altman nel western, che come per gli altri generi, lo rimaneggia a modo suo dandone una visione molto personale e decisamente alternativa, colpiscono fin da subito alcune differenze, soprattutto visive, dall'uso di una fotografia fosca, quasi nebbiosa, con una prevalenza di colori freddi, tra il grigiore del tempo, il fiume torbido che attraversa la cittadina e la neve che invade questo posto montuoso, e appunto, la stessa scenografia, lontana dai canyon soleggiati tipici del west, quasi tutto ambientato in questa cittadina di montagna, particolarmente isolata, una sorta di paradiso felice in cui il protagonista sembra voler provare a ricominciare da capo, essendosi stufato dei posti in cui è stato, ricreando tutto da zero e restando lontano da soci e vincoli vari, ma non tutto andrà come previsto. Alla fine, l'opera di Altman è un concentrato di disillusione, tematicamente molto vicino sia a Leone - "Once upon a time in the west" - che a Peckinpah - "The wild bunch", "Pat Garrett & Billy the kid", "The ballad of Cable Hogue" - mostra l'ambizione dell'individuo schiacciata da un capitalismo sempre più invadente, pedante e coercitivo a cui sembra non esserci scampo e che raggiunge qualsiasi posto, anche isolato, in cui c'è la minima possibilità di trarre profitto, se la parte iniziale del film ha un sentore speranzoso e trasmette vibes più positive, nella seconda si viene a creare uno stremante tira e molla tra i principi di McCabe, i suoi sogni e l'autodeterminazione che si porta dietro, e i metodi meschini, subdoli e ricattatori della grande società che vuole acquisire il suo terreno a tutti i costi, una lotta che sembra impari e genera anche una costante paranoia nel creare quella sensazione di non essere mai al sicuro, dato che l'importante società sembra avere le mani in pasta ovunque, sicari compresi, allo stesso tempo, il significato dell'opera si ricollega al passaggio dei tempi, il classico western di frontiera che fa posto al mondo moderno inglobato sempre di più dal capitale e dai suoi burattinai.
Allo stesso tempo, è un film che riflette anche sul ruolo della donna, con il personaggio di Mrs. Miller, determinata e abile ad aiutare negli affari McCabe, con cui stringerà inizialmente una collaborazione lavorativa che sfocierà nel sentimentale, in un contesto in cui la donna spesso era relegata ai margini, anche se il suo è un caso abbastanza isolato visti i restanti personaggi femminili, perlopiù prostitute.
Altman priva il film di qualsivoglia sentore epico, l'atmosfera che si respira è tra il malinconico e il disilluso, con qualche inserto ironico e una discreta complicità goliardica tra alcuni personaggi un po' sopra le righe, regalando anche scene particolarmente crudeli, mi viene in mente l'uccisione del ragazzo sul ponte, momento oltre che registicamente molto ben gestito, di una potenza emotiva molto forte e che diventa emblematico nel mostrare quanti pochi scrupoli si facciano i personaggi in questione, arrivando ad un finale pessimista che è un colpo al cuore e funziona egregiamente all'interno dell'opera.
Non si può non parlare della meravigliosa colonna sonora, fatta di pezzi del primo album di Leonard Cohen, - che probabilmente è il mio preferito del cantautore - che aumentano esponenzialmente la componente poetica, tra l'altro molti anche adatti alla trama, come "Sisters of mercy" nei momenti in cui la narrazione mostra le prostitute.
Per me è un western meraviglioso, ma si va anche oltre il genere.