Probabilmente tra i più sottovalutati di Altman, "Buffalo bill and the indians" e tutto il resto del titolo lungo che ha e non mi va di scrivere, è uno splendido western a cavallo tra l'essere revisionista e crepuscolare, Altman applica la sua visione personale su uno dei miti del west, un macigno della cultura americana e del suo sogno, giocando come al solito a demitizzare, parodiare, rendere grottesco, un film pervaso di una forte ironia verso un'icona dei tempi che anche nel western classico ha avuto svariate rappresentazioni eroiche, qui mostrato come un imprenditore circense, molto più interessato alla popolarità e all'immagine che ai valori.
Con un inizio in cui già l'autore chiarisce la natura del film, che mi ha ricordato molto quello di "Brewster McCloud", con i titoli di testa che scorrono mentre ci sono le prove degli spettacoli, si interrompono per pochi attimi per poi riprendere con una seconda prova, dando degli spiragli di metateatro e facendo intendere la natura parodistica e sopra le righe dell'opera, Altman contestualizza, grazie anche ad una prova iconica di Paul Newman, un Buffalo Bill alle prese con la sua compagnia teatrale che deve mettere in scena una battaglia fondamentale su cui è basato il mito americano della conquista del west, quella di Little Big Horn, ponendo il focus sul rapporto tra Buffalo Bill, poi chiamato spesso col suo vero nome, ovvero William Cody e la figura di Toro Seduto, chiamato come guest star del suo spettacolo, col passare del minutaggio si nota come le sicurezze e le ideologie di Buffalo Bill vengano scardinate dal comportamento di Toro Seduto che sembra farlo entrare in una sorta di crisi esistenziale, generando amare riflessioni da parte del protagonista che si ripercuotono sul mito dello stesso, ma Altman riesce sempre a mantenere una leggiadra ironia sopra il dramma di fondo, che rende il film estremamente inusuale e lontano dalle rappresentazioni solenni riguardanti il revisionismo del periodo, utilizzando molto efficacemente il contesto teatrale e circense, facendo respirare un'aria di amara satira per quasi tutta la durata, tra momenti di confronto più intimisti e allegre rappresentazioni col pubblico in fervore, mostrando un evidente doppio volto tra l'immagine pubblica e quella privata.
Ottimo western che splende sia a livello narrativo che col suo stile unico che lo pone come una vera rarità all'interno del genere, ennesima pellicola di estremo valore di Altman in un decennio semplicemente pazzesco per il regista.