Uno dei pochi film corali di Verdone, che però ritorna su una tematica a lui cara come la psicoterapia, mostrando questo manipolo di personaggi compagni di sedute a cui nella prima scena muore la psicologa senza che se ne rendano conto, da questo punto in poi decidono di non rinunciare comunque alle sedute e, dopo alcune pessime esperienze con altri psicoterapeuti, si riuniscono una volta a settimana tra di loro, il film procede con un montaggio alternato a mostrare le vicissitudini di ogni personaggio, con un Verdone che ha relativamente poco minutaggio rispetto al resto delle sue opere da regista, il film mostra brevi spaccati di vita di ognuno, con le solite scelte narrative del regista romano che sembrano andare a parare sulle tematiche trattate da una vita, dai problemi sentimentali, con addirittura un nuovo personaggio che entra nel gruppo di psicoterapia per stare vicino alla donna di cui si è innamorato, o ancora, gli altri personaggi che iniziano a togliere progressivamente i loro paletti per riuscire a vivere, anche tra di loro, relazioni più libere e meno condizionate, arrivando al personaggio di Verdone, un suo tipico carattere ingabbiato da una famiglia in cui si trova molto male, col padre, vecchio direttore di una fabbrica, egocentrico, arrogante e messo continuamente a criticare il prossimo, figlio compreso che ne risente tantissimo, e una fidanzata molto più giovane con cui però sembrano esserci forti difficoltà di comunicazione, arrivando ad un finale abbastanza inusuale in cui drammi, delusioni e soddisfazioni di mischiano, creando una discreta sensazione agrodolce, certo è che quella scena in fabbrica è parecchio soddisfacente.
Verdone rimescola per l'ennesima volta le sue tematiche più care, creando un film poco originale ma comunque con un discreto dramma di fondo e una lieve comicità che ogni tanto riemerge, una sufficienza stiracchiata se la merita.