Gran bel film di Altman, all'alba del nuovo millennio ripropone uno dei suoi classici schemi corali questa volta contestualizzandolo nell'ambito della borghesia inglese degli anni trenta, una delle rarissime fuoriuscite dal paese di origine di un autore che nel corso della carriera ha criticato i vizi e le virtù dell'America, il modello di riferimento in realtà, è abbastanza palese, ovvero Renoir, il soggetto stesso può ricordare quello de "La regle du jeu", spostando il focus dall'aristocrazia francese a quella inglese, introducendo una grossa mole di personaggi e descrivendoli con quella sottile verve ironica e decadente tipica di entrambi gli autori, forse più marcata in Altman ma per una pura questione anagrafica, ma gli elementi in comune non si fermano qua, anche le sequenze della caccia al fagiano, possono ricordare il film dell'autore francese, così come l'avvenimento chiave della seconda parte, ovvero l'omicidio, che scatena il panico nei presenti, e che, come appunto per entrambi, serve non tanto a creare un intreccio giallo, a destare una particolare curiosità dello spettatore sugli eventi, la curiosità c'è lo stesso ma è un effetto secondario, quanto crea il contesto ideale per far proliferare tutta la critica antiaristocratica insita in ogni situazione.
Fin da subito Altman caratterizza spigliatamente i suoi personaggi, tra l'altro con un cast british niente male, da Maggie Smith che interpreta uno dei suoi ruoli tipici, quello della signora aristocratica dalla puzza sotto il naso - mi dicono faccia un ruolo simile su Downton Abbey - con un'evidente aria di superiorità e poca considerazione del prossimo, con anche il personaggio di Ivor Novello, attore britannico parecchio in voga ai tempi, che viene un po' snobbato da lei - in realtà più volte il cinema viene preso sottogamba, anche da altri personaggi, mostrando quanto ai tempi l'aristocrazia non lo considerasse un'arte quanto una forma di intrattenimento per il popolo, direi che il tempo li ha smentiti :) - con annessa critica a "The Lodger" di Hitchcock, per il flop sugli incassi, e vabè, quello rimane un film meraviglioso a prescindere dagli incassi, non mi fate arrabbiare su.
Ma ci sono tanti altri personaggi emblematici, tutta la parte della servitù, che si rivelerà fondamentale e renderà più nota l'ipocrisia e il perbenismo della classe aristocratica, con i loro innumerevoli scheletri nell'armadio continuamente insabbiati grazie a accordi e ricattini di qua e di là, una rete di bassezze tra i vari personaggi facoltosi e ben vestiti da far venire il voltastomaco, e poi ovviamente c'è il personaggio per eccellenza che rappresenta questo, il nostro carissimo William McCordle, interpretato da un grande Michael Gabon, tra rendite, affari sfumati e la relazione adultera con la cameriera e tutti gli altarini che verranno scoperti successivamente grazie all'omicidio, in cui si rivelano dei retroscena in cui il dramma prevale sulla sottile ironia che il film ci aveva riservato fino a quel momento, in un finale estremamente toccante che mostra la difficile vita della servitù in un contesto di così estrema disuguaglianza.
Ricostruzione scenica e regia di altissimo livello, assieme ovviamente alle interpretazioni di un cast magistrale, Gosford Park è l'ennesimo filmone della carriera di Altman, autore che come pochissimi ha saputo trasportare lo spettatore tra le più svariate epoche e contesti, sempre mostrando il suo punto di vista caustico e dissacrante, questo film non fa eccezione.