Forse uno dei primi grandi esempi dello star system hollywoodiano, lo si vede fin dai titoli di testa in cui la produzione annuncia fieramente la sfilata di star che partecipano alla pellicola, con annesso ruolo e foto, per aiutare gli spettatore a riconoscerli, operazione che alla fine sarà simbolo di questo format, spesso poi utilizzato dalle major per fare un bel po' di quattrini e portarsi qualche statuetta a casa, ma alla fine "Grand Hotel" è un discreto film, a metà tra la commedia e il dramma che intreccia le vicende di questi cinque personaggi principali, due grandi star femminili come Greta Garbo e Joan Crawford e due della famiglia Barrymore, tra i pionieri del nepotismo cinematografico, oggi forse meno celebrati ma ai tempi erano star di una certa caratura.
Ogni personaggio viene introdotto separatamente, con una narrazione che intreccia man mano le loro vicende, c'è il barone interpretato da John Barrymore, a corto di soldi e che cerca in tutti i modi di procurarsi questo denaro per pagare un debito per cui è ricattato continuamente, anche in modo illecito, da qui le sue vicende si intrecciano con quelle della celebre ballerina, interpretata da un'ottima Greta Garbo, qui in crisi artistica e psicologica, che medita il suicidio per via di un'esibizione che si è rivelata un flop, dal malinteso del furbo barone che si era introdotto nella sua stanza per rubare una collana di perle, nascerà il loro amore, fatto di alti e bassi, ma vi è anche spazio per il personaggio di Kringelein, uomo a cui è stata diagnosticata una grave malattia e che decide di spendere i suoi ultimi soldi e giorni al Grand Hotel a godersi la vita, intrecciandosi anche con Preysing, ricco imprenditore per cui lavora, avido e arrogante che fa anche carte falsi nei suoi affari, da qui il film crea diversi contrasti tra la personalità autoritaria di Preysing e quella di Kringelein che negli ultimi giorni di vita rinuncia ai ricatti del ricco imprenditore e decide di farsi valere una volta per tutti, andando verso un finale vagamente moralistico in cui sembra il destino voglia rimettere le cose apposto, interessante anche il personaggio della Crawford, giovane e affascinante segretaria che lavora per Preysing, alla quale tutti fanno la corte, datore di lavoro stesso che la squadra continuamente e si vede la brama nonostante sia sposato con figli - vi è qualche, leggero, riferimento all'ipocrisia borghese, ma roba che non incide più di tanto -
Nel complesso, narrativamente non è nulla di straordinario, in ogni caso bisogna ammettere l'efficacia del montaggio e della regia nel riuscire a dare spazio alle vicende di tutti i personaggi senza particolari momenti morti, tuttavia lo trovo da celebrare più per quello che ha rappresentato, e rappresenta ancora oggi, che per il contenuto in sé, anche se riesce ad essere una discreta opera corale.