Filmone dei Dardenne, uno dei primi che li ha resi celebri, ancora oggi attualissimo e devastante emotivamente che mostra la dura realtà degli immigrati, in questo caso in Belgio, ma parliamoci chiaro, è una situazione applicabile a tanti altri posti, nostro paese compreso.
I fratelli in questo film narrano la storia di Igor e di suo padre Roger, entrambi hanno una sorta di traffico di immigrati che usano per proteggerli dalla legge ma allo stesso tempo li sfruttano continuamente, tra turni di lavoro massacranti e alloggi men che modesti in cui spesso mancano anche i servizi base, il film fin da subito mostra le due facce della medaglia, Roger è un uomo senza cuore, meschino, incapace di provare empatia e che guarda soltanto ai suoi interessi, probabilmente anche razzista, che considera gli immigrati alla stregua di stracci, allo stesso tempo Igor mostra una spiccata sensibilità nei loro confronti, occupandosene, cercando in qualche modo di migliorare le loro vite, anche qualche volta di nascosto, senza farlo scoprire al padre, l'evento drammatico che spezzerà la terribile quotidianità sarà la morte di uno dei lavoratori, caduto da un'impalcatura che farà promettere ad Igor di occuparsi della sua famiglia, da qui le decisioni scellerate del padre si faranno troppo ingombranti al punto da risvegliare nel ragazzo una sorta di ribellione atta a proteggere la moglie dell'uomo deceduto e il figlio neonato, con Roger che voleva addirittura mandarla in un'altra città a prostituirsi e Igor che intraprende una sorta di fuga dall'uomo per cercare di dare una vita migliore e un'esistenza più dignitosa alla donna, nel frattempo mai informata della morte del marito, sfociando in alcuni momenti al cardiopalma e dall'intensità emotiva fortissima.
"La promesse" è un film duro, crudo e disumano, ma che in mezzo alla sua forte disumanità vede la luce in fondo al tunnel di un ragazzino che con i suoi bei gesti e il suo opporsi alla meschinità del padre lancia la speranza di un futuro migliore, i Dardenne qui impongono il loro stile scarno, reale e coinvolto, con la camera a mano che segue le gesta dei personaggi da molto vicino, una componente visiva raramente artefatta che fa entrare nel bel mezzo dell'azione dei tempi che riescono a far detonare bene la componente drammatica e fanno sgorgare progressivamente l'empatia, con un finale commovente, ma mai pietoso.