L'originalità latita in quel di Roma, è così che si va a pescare soggetti di discreto successo in giro per l'Europa e se ne fa una versione tutta italiana, un po' come successo con "Benvenuti al sud", che ha una precedente versione francese, o come succederà con "Sono tornato", qui la Archibugi ha a disposizione un cast altisonante, almeno in patria, per trasporre questa pièce teatrale già portata al cinema dai francesi con l'interessante " Le prenom", di cui questo film è la versione più blanda, che inevitabilmente perde il confronto, creando un po' quel tipico archetipo delle persone che si conoscono da tempo immemore e non sono mai riusciti ad esprimersi con sincerità gli uni con gli altri, qualcosa di altamente inflazionato nel cinema italiano contemporaneo, è così che per via di questa sorta di scherzo che Alessandro Gassmann propina ai suoi amici, dicendo che vuole chiamare il figlio Benito, in onore di un personaggio di uno dei suoi libri preferiti, inizia questa lunga discussione che pian piano ingloba tutti i personaggi, denunciandone progressivamente le ipocrisie, gli scheletri nell'armadio, i comportamenti superficiali e spesso poco empatici, è un film pieno di ribaltamenti di ruoli e con diversi colpi di scena, spesso anche un po' forzatelli - ovviamente mi riferisco a quello che riguarda il personaggio di Papaleo, considerato omosessuale - e che mostra delle figure abbastanza macchiettistiche, dall'intellettuale di sinistra che fa il professore di letteratura, eccezionale teorico ma mostrato come un ipocrita che predica bene e razzola male, alla figura della Ramazzotti, donna di estrazione popolare, un po' grezza che sembra essere continua vittima dei pregiudizi delle persone che gli stanno accanto, cognato e marito inclusi, lo stesso personaggio del marito è mostrato sotto la tipica lente dell'uomo sempliciotto, distaccato dai grandi temi e con un marcato egoismo, al punto che non ha letto neanche il romanzo della moglie, portando in gioco spesso questi ribaltamenti di ruoli, personaggi considerati autorevoli che vengono ribaltati in favore di pecore nere che acquisiscono una certa empatia da parte dello spettatore, ma fondamentalmente è la sagra del già visto e rivisto.