Film che non casca tanto lontano dalla precedente produzione di Zulawski, come al solito difficile da classificare, col suo tipico stile isterico, barocco, particolarmente eccentrico, racconta una delle sue tipiche storie d'amore tormentate, con protagonisti questo uomo, geniale informatico che ha ricevuto una nefasta diagnosi sulla sua condizione di salute e questa giovane donna, intrattenitrice a tra teatro, varietà, spettacolini dei locali a carattere mistico, il loro amore, come spesso rappresentato dal regista, dai tratti lunatici, pieno di alti e bassi, urla e passione, sarà uno delle scintille scatenanti per andare ad analizzare la loro psiche, i traumi pregressi, subiti da bambini, un amore così sentito da portare agli stessi protagonisti la voglia di una rinascita, un coinvolgimento emotivo tale che fa riemergere questi traumi e li porta verso una sorta di risoluzione, non senza conseguenze sotto il punto di vista sociale, come si vede nel caso di lui e dell'ambizioso progetto informatico, addirittura considerato dal collega come una scoperta rivoluzionaria per l'umanità, che viene accantonato, concedendo anche al collega di prendersi i meriti, per dedicarsi agli ultimi piaceri terreni, prima della probabilissima dipartita, una vitalità spontanea che sorge nei personaggi che rende questo amore peculiare affascinante quanto imperfetto, sia per la sua natura temporanea, in questo caso estremizzata dal fatto che si sà non durerà tanto, sia per i difetti che ne conseguono, una gelosia ossessiva, anche per le piccole cose, con Zulawski che inserisce anche significati metartistici nel mezzo, come aveva iniziato a fare con le precedenti opere, la vita dedita allo spettacolo della donna mischia realtà e maschere, impersonificazione e finzione, un'immersione nei caratteri e nelle sensazioni che rende ancora più tangibile l'emotività del personaggio, creando un ritratto decadente ma per questo estremamente vivo, umano e combattuto, tramite il quale l'autore continua la sua personale esplorazione del mondo femminile, questa volta però lascia un sentore vagamente più speranzoso, o quantomeno più pacifico, la rassegnazione per l'inevitabile fine sembra far trovare al protagonista e allo spettatore una pace interiore che raramente si era vista prima nel cinema del regista polacco, quello splendido finale sul mare è la ciliegina sulla torta di un'ottimo film, quale metafora migliore d'altronde della vastità del mare per raggiungere un picco di quieto esistenzialismo.