Tra i film di Zulawski che ho apprezzato meno, prendendo spunto liberamente da "L'idiota" di Dostojevski il regista polacco mette in scena uno dei suoi personalissimi film sull'amore, trattandolo come ci aveva già abituato in molte sue precedenti opere, con una narrazione frammentaria, uno stile isterico, urlato e continuamente in preda alla lunaticità ed alla nevrosi, proponendo anche il tipico triangolo amoroso tra Marie, ragazza costretta a prostituirsi, Micky, uno sbandato criminale dedito alle rapine in banca assieme ai suoi soci e Leon, profugo ungherese con diversi problemi di natura psichica.
Il film è un grande alternarsi di alti e bassi nei rapporti, Zulawski è particolarmente efficace nel mettere in scena una gelosia imperante, dei caratteri che mostrano un lato particolarmente puerile ed egoistico, continue scenate per motivi futili, una rappresentazione del caos relazionale qui più frammentata che mai, andando verso un linguaggio se vogliamo ancora più anarchico di quanto visto nelle precedenti opere, con la sua camera ipermovimentata onnipresente, basandosi molto sulle interpretazioni di personaggi costantemente sopra le righe, il fascino della Marceau è ammaliante, la decadenza degli altri due lati del triangolo, magari lontani a livello di attitudine, ma più vicini concettualmente nel loro essere dei reietti, risulta interessante nel quadro complessivo, ma è un film fin troppo complicato e frammentario per catalizzare l'emozione, l'ho sentito molto poco per gusto personale, tanto di cappello per la coerenza e la spontaneità al regista, ma proprio questo è tra le sue opere che mi ha lasciato più indifferente.