waysofmaybe 9 / 10 07/07/2025 01:54:56 » Rispondi C'è un tipo di film che parla piano, che si insinua tra le maglie delle giornate ordinarie e ti lascia addosso una domanda più che una risposta. The Secret Life of Walter Mitty è uno di quei film. Apparentemente leggero, racconta la storia di un uomo comune, impiegato silenzioso di una rivista destinata a scomparire, che sogna vite straordinarie mentre il mondo scorre ignaro.
Ma ciò che rende questo racconto più profondo di quanto potrebbe sembrare non è l'avventura che Walter intraprende nel mondo esterno, quanto quella che compie dentro sé stesso. In fondo, il film non parla di viaggi, ma di desideri autentici sepolti sotto anni di abitudini, maschere sociali e paura di fallire.
Walter non fugge dalla realtà: cerca il punto esatto in cui realtà e desiderio si toccano, quel sottile confine in cui un'azione concreta, per quanto minima, può trasformare il modo in cui abiti il mondo. Non è un'epopea eroica, ma il tentativo goffo e ostinato di ritrovare il proprio desiderio primo, quello che dà senso agli altri e che aveva smesso di ascoltare.
Il film, nella sua semplicità visiva, costruisce un piccolo labirinto: non fatto di muri, ma di sogni a occhi aperti e piccole scelte differite. Ogni volta che Walter immagina, mostra la distanza tra ciò che desidera e ciò che crede di poter essere. Ogni passo nel mondo reale diventa un gesto per ridurre quello scarto.
Il racconto non predica autenticità come uno slogan, ma la suggerisce come processo fragile e imperfetto, fatto di esitazioni, scelte elementari e di un lento apprendistato nell'ascoltare il proprio corpo e il proprio battito di fondo. Il desiderio vero, nel film, non è quello del grande gesto, ma quello che riesce a orientare tutte le altre scelte, restituendo coerenza a una vita apparentemente dispersa.
In questo senso, The Secret Life of Walter Mitty non è tanto un film sul coraggio di inseguire i sogni, ma sulla fatica di riconoscere quali sono davvero i propri sogni, distinguendoli da quelli imposti, falsi, appresi per imitazione o paura. E quando questo accade, il mondo stesso non cambia, ma cambia il modo in cui lo si abita.
Alla fine, Walter non diventa un eroe. Diventa presente. Ed è in questo passaggio che il film svela la sua verità più sottile: la libertà non è fuggire dal labirinto, ma riconoscere il momento in cui cominci a camminare nella direzione che è tua.