Il primo grandissimo film di Fellini, una commedia dolceamara - più amara che dolce - che contiene in nuce alcune delle tematiche che il regista tratterà più approfonditamente in alcune sue celebri opere future come "La dolce vita" ed "Amarcord", un film che potremmo considerare, anche in virtù della presenza di quello che diventerà un futuro monumento del genere e del cinema italiano, come Sordi, uno dei tasselli che ha portato poi a quel prolifico filone di commedia all'italiana, considerato soprattutto l'approccio scanzonato e la disillusione di fondo che il film si porta dietro.
"I vitelloni" è un'opera sulla gioventù del tempo, un ritratto generazionale dell'Italia all'indomani della Seconda Guerra Mondiale che mostra questo gruppetto di amici alle prese con le proprie vicende personali, dei caratteri particolarmente sperduti in un paesino della Romagna in cui passano le loro giornate senza un vero scopo, il film si concentra molto su questo aspetto, mostrando la loro quotidianità come un elemento effimero, legato a banali momenti di svago, ponendo la lancetta a metà tra la critica agli stessi personaggi ed alla denuncia di un contesto mai stimolante per gli stessi, tutti loro in qualche modo sono intrappolati in questa vita stagnante dalla quale sembrano non riuscire ad uscire, ma anche sembrano non volerne proprio uscire, è un film che tratta benissimo la procrastinazione, Fellini anticipa anche quella che sarà la sua narrazione simil episodica, portando in scena una serie di scene particolarmente emblematiche che caratterizzano meravigliosamente ognuno di essi.
Vi è Fausto, forse il personaggio più approfondito, uomo considerato una sorta di guida spirituale dal suo gruppo, dedito alla bella vita che ingraviderà la bella Sandrina, nominata da poco Miss Sirena 1953, già le primissime sequenze, in cui il giovane prova a fuggire, venendo poi dissuaso, mostrano la sua voglia di prendersi le responsabilità delle sue azioni, da questo momento in poi Fausto verrà come incatenato in una famiglia a cui non tiene affatto, anzi ne risulta insofferente, venendo costretto a sposare Sandrina e dovendo iniziare a lavorare per mantenere la famiglia, ma ovviamente questa insofferenza lo porterà a cercare i tipici svaghi extraconiugali, è interessante la riflessione di Fellini, che vista oggi, se pur non descriva affatto Fausto come un personaggio positivo, mette ancor più in evidenza la coercizione alla base delle convenzioni del periodo, che portano il personaggio a cercare a tutti i costi l'evasione dal contesto familiare, la scena del cinema è particolarmente emblematica, ma di certo anche il finale è tremendamente efficace nel trasporre i sentimenti del personaggio.
Altro personaggio emblematico è quello di Leopoldo, quello che potremmo definire l'intellettuale del gruppo, giovane che aspira a fare il drammaturgo, ma che sembra abbastanza effimero nel suo agire, per via anche del contesto che sembra costantemente frenarlo, tramite questo personaggio Fellini propone qualche riflessione sull'arte, il suo incontro col famoso attore teatrale, che gli dà una possibilità per leggere la commedia che ha scritto mostra come l'arte venga spesso usata come strumento di facciata ed in questo caso come pretesto per un secondo fine, anche gli stessi amici di Leopoldo risultano parecchio disinteressati all'opera e danno priorità a piaceri più immediati.
E poi Alberto, intepretato dal mitico Sordi, che insieme al personaggio di Riccardo, forma una formidabile accoppiata che descrive alla perfezione il significato del film, entrambi sono come intrappolati in questa vita vuota, estremamente convenzionale e senza aspirazione, passando serate ad ubriacarsi e giocare d'azzardo - la splendida sequenza del carnevale ne è un esempio lampante - ma allo stesso tempo, riescono ad essere personaggi riflessivi, rendendosi conto della propria condizione ma non riuscendo mai ad uscirne, un loop che sembra non dare scampo e crea allo spettatore una sensazione ai limiti del soffocante, ovviamente è impossibile non citare la famosa scena di Sordi che fa il gesto dell'ombrello e la pernacchia ai lavoratori mentre passa con la macchina, visto che lui ha evitato il lavoro come la peste per tutta la sua vita e vive mantenuto dai genitori, un momento comico che nasconde tutta l'amarezza del personaggio.
E poi c'è Moraldo, il fratello di Sandrina, ragazzo introverso, che per buona parte del film sembra soltanto un succube delle azioni del resto del gruppo, passando quasi in secondo piano, ma che diventa protagonista di uno splendido e amaro finale che si trascina con sé una nota nostalgica.