Bellissimo film di Wenders, opera di cui ammiro principalmente lo stile e la componente visiva, con la sua cadenza lenta, riflessiva, poetica, anche rilassante a dirla tutta, "Paris, Texas" è un film che mi da un mood alla "quiete dopo la tempesta", una storia che mostra la presa di consapevolezza dopo terribili eventi, con questo strano personaggio che vaga per il deserto da quattro anni ed ha fatto perdere totalmente le sue tracce, Travis, che viene ritrovato dal fratello, inizialmente affetto da una sorta di mutismo selettivo che pian piano andrà a superare, reincontrando il figlio, che ormai vive con gli zii, diventati genitori adottivi, e rimembrando quello che sembra un felice passato con la moglie, anch'essa scomparsa senza lasciare tracce di sé.
Il percorso di Travis, inizialmente sconosciuto allo spettatore, che viene tenuto sulle spine dalla curiosità per praticamente tutta la durata è un viaggio che sa di redenzione, tramite gli episodi a cui assistiamo viene scandagliata la personalità di Travis, quello che è inizialmente un road movie, tra i bei paesaggi dell'America occidentale e le sue principali metropoli come Los Angeles e Houston, diventa presto un sentito dramma familiare, un dramma che nasconde dentro di sé tanti elementi del rapporto con la moglie, una meravigliosa Natassja Kinski, che qui è proprio una dea scesa in terra, donna molto più giovane del marito, con cui hanno vissuto una relazione fin troppo problematica dall'inizio, piena di alti e bassi e macchiata inesorabilmente dall'ipergelosia di lui, portando la coppia al più totale annullamento, lei ha cambiato totalmente vita e si procura da vivere come intrattenitrice per adulti in un singolare locale nella periferia di Houston, lui è totalmente uscito fuori di testa dal trauma della perdita, regredendo ad un livello quasi animale, almeno psicologicamente e vagando per il deserto per anni, e il film ha l'interessante ed originale trovata di mostrare il tutto dopo che i traumi si sono risolti, dopo che la rabbia e passata ed i personaggi hanno avuto il tempo di rinsavire e tornare se stessi, niente urla, niente scenate, soltanto la presa di consapevolezza dei propri errori, la nostalgia di un passato apparentemente idilliaco e l'assunzione della responsabilità delle proprie azioni.
Delicatissimo stilisticamente, estremamente coinvolgente emotivamente, Wenders impone la sua tipica regia dilatata e riflessiva, lunghe inquadrature dal sentore poetico, meravigliosamente fotografate da colori saturi che donano un forte contrasto tra la radiosità delle scene diurne e delle scene notturne particolarmente alienanti, con queste luci al neon forti ed invadenti, ovviamente è impossibile non parlare della bellissima colonna sonora di Ry Cooder, che praticamente con tre note rende ogni scena magica, cullando lo spettatore nel bel mezzo dell'arido deserto del far west.
Tante belle scene, su tutte, il grandioso confronto tra Jane e Travis, nel peep show dove lavora lei ed è stata ritrovata, momento intimista che funge anche come racconto degli eventi allo spettatore, in cui i due attori danno il meglio di loro stessi, scatenando un'empatia clamorosa, o ancora, i momenti della proiezione del filmino delle vacanze di qualche anno prima, in cui la dolorosa realtà si scontra con una nostalgica felicità impressa in quella sbiadita pellicola 8mm.
Drammone fortissimo emotivamente, messo in scena divinamente e con due protagonisti semplicemente perfetti, un film estremamente immersivo e che dona un mood delicato e cullante, poetico e malinconico, con un finale che mette una pace interiore incredibile, splendido.