Devo dire che "Ordinary people" è uno dei film di Redford che mi è piaciuto di più, assieme a "Quiz Show", forse l'unico che mi è piaciuto veramente di una filmografia che trovo parecchio modesta, probabilmente, parlando col senno di poi, per il fatto che è agli antipodi stilisticamente della sua opera futura, che ho spesso trovato fin troppo retorica, verbosa, didascalica, invece qui incredibilmente Redford dirige un film che tende all'essenziale, con una sceneggiatura che non si perde in frasette fatte e momenti troppo melensi ma invece si dedica ad una minuziosa descrizione dell'elaborazione del lutto da parte di una famiglia che ha perso da poco il figlio maggiore, i tre personaggi, padre, madre e fratello, sono caratterizzati splendidamente, specialmente l'ultimo, un Timothy Hutton che si prende la scena e domina un film doloroso e sfiancante, creando anche una forte empatia con lo spettatore, il suo Conrad risente di un forte senso di colpa, essendo stato coinvolto nell'incidente in barca che ha causato la morte di Buck, uno stato psicologico che lo divora progressivamente fino a boicottare la sua vita del tutto, mandando a sfracelli le relazioni sociali, che passino dalla scuola o dal suo gruppo di amici, facendogli lasciare il nuoto e portandolo ad avere una vaga dipendenza nei confronti dello psicologo, una desolante discesa nel dolore valorizzata da ottimi dialoghi, un certo focus sulle conseguenze di questa elaborazione, da un'evasione che sembra non soddisfarlo mai alla perdita di motivazione in ogni singolo aspetto della vita, portandolo ad un passo dal suicidio, l'unico spiraglio di luce sembra essere Karen, un'amica conosciuta all'ospedale psichiatrico con cui ha saltuari incontri, che tuttavia, nonostante un'apparente felicità, nasconde delle ferite aperte.
Ma è interessante anche la descrizione psicologica dei genitori, dal padre, interpretato da Donald Sutherland, in un ruolo composto ma estremamente empatico, che potrebbe apparire come quello che ha metabolizzato meglio il dolore della perdita, l'unico che guarda al futuro e tenta di andare avanti, dando una certa importanza a Conrad ed alla sua condizione, totalmente all'opposto è la madre, che dopo la perdita sembra essere diventata totalmente apatica e disinteressata ad ogni singolo aspetto della vita, considerata la sua stessa famiglia, come una sorta di barriera forzata contro il dolore che le ha spento ogni sentimento ed ogni possibile coinvolgimento emotivo, il suo personaggio glaciale potrebbe passare come negativo ma probabilmente è frutto di una sofferenza come insopportabile.
Buonissimo dramma familiare, che tratta la tematica in maniera approfondita e mai banale, giocando anche col contrasto tra il dramma vissuto dalla famiglia e le saltuarie apparizioni nei contesti di svago dei genitori, con cui provano a coprire le conseguenze dell'accaduto, una sorta di nuovo inizio che però non funziona in virtù di tutte le questioni irrisolte con sé stessi, devo dire, ottimo lavoro.