Mauro@Lanari 5 / 10 oggi alle 14:23:47 » Rispondi Col finire del '900 il cinema è stato invaso da film sulla problematica identitaria. "Matrix", "Fight Club", "Memento", "Spider", Soderbergh da "Bubble" a "The Informant!" non avevano granché di nuovo da dire sulla filosofia del soggetto sostanzialmente ferma all'empirismo inglese di Locke: l'io sarebbe un processo narrativo di (ri)costruzione mnemonica. E se i ricordi c'ingannassero com'insegnano psicopatologia, psichiatria, neuropsicologia, neurologia? Discipline che fornirono agli sceneggiatori materiale per rappresentare il vecchio tema in originali categorie audiovisive. Però con la saga di Jason Bourne s'è giunti a un punto di non ritorno: quando il detective movie o l'action thriller interseca il dementia/amnesia movie ormai si teme l'autodecettività come prevedibil'epilogo. Quest'esordio registico non fa eccezione e ciò non giova all'ottima prova d'un Crowe invecchiato.