williamdollace 8½ / 10 12/10/2025 09:50:37 » Rispondi Come un Aki Kaurismaki trapiantanto nel Triveneto, una toponomastica veneta, in cui passano le giornate Doriano e Claudiobianchi, losers per eccellenza, dai matrimoni spaccati a metà e i cani assegnati alle scorribande alcoliche fino ai letti dell'adolescenza con gli stessi quadrettati colori, odori, giudizi genitoriali e loro concessioni alla tenerezza, incontreranno Giulio, per un battesimo della vita, ne condivideranno i giorni, le paure, le passioni, bellissima la gravità della tomba Brion di Carlo Scarpa e la pianura veneta all'orizzonte, piegato alle circostanze eppure bucato dai tondi disegnati nel cemento vuoti che vogliono così disperatamente la libertà. È la megalopoli padana e i suoi attori, ne più ne meno, imbastita in concreto, in una ricerca dell'ultimo bar aperto per bersi l'ultima e l'ultimissima, che faccia notte e poi mattina, il sesto giorno, dio si riposò, e loro con lui, eternamente ciclico, arreso eppur vivo fino al midollo, nella rovigo che non esiste e nella eldorado di venezia, ci sono tutti i topoi veneti, in questo gioiello di urbanistica umana troppo umana così grezzo e così reale, fino alle "fondamenta degli incurabili", fino a quando c'è benzina e un bar aperto per rincorrere i treni, per urlare a squarciagola, per sboccare ma senza vomitare mai l'anima, così attaccata alle ossa da prosciugare le ore, così uguali a se stesse, eppure così incredibili.