La prima trasposizione di uno dei racconti di Poe da parte di Corman, è un discreto film gotico, che si distingue per via della sua bella ricostruzione, praticamente tutta in interni, in questo castello, o casa storica, della famiglia Usher, la narrazione è molto semplice, vi è subito l'entrata in scena dell'elemento esterno, il fidanzato promesso sposo di Madeline, ultima discendente della famiglia, assieme al fratello, mettendo subito in evidenza un comportamento oscurantista da parte dei familiari, respingendo continuamente l'uomo con un atteggiamento fatalista, dichiarando che la loro dinastia è destinata a finire a breve, nel film si alternano diversi elementi che poi caratterizzeranno l'opera di Corman, l'ossessione per la morte, l'episodio della catalessi con annessa sepoltura da viva, di Madeline, che contribuisce ad aumentare la tensione e dare una forte sensazione claustrofobica, la presenza del maggiordomo e del fratello, personaggi che mostrano continuamente qualcosa da nascondere, lasciando lo spettatore costantemente all'erta sul mistero e quello che potrebbe accadere, efficace anche la delirante seconda parte, nel quale vi è anche qualche sequenza surreale, come quella del sogno, molto casareccia ma affascinante, con filtri blu e effetti fumosi a sottolineare la preoccupazione del protagonista.
Corman contribuisce a creare una di quelle atmosfere tipiche del gotico, con una minuziosa ricostruzione degli ambienti, l'utilizzo di gingilli arrugginiti, ragnatele, crepe nei muri, l'ambiente della casa in disfacimento, metafora della condizione dei personaggi, che dona al film un lieve sentore crepuscolare, grazie anche ad una fotografia particolarmente satura, altro elemento che diventerà un marchio di fabbrica del regista, e del genere, un Vincent Prince istrionico che tratteggia un personaggio affetto da questa ipersensibilità, delirante e disilluso.
Nel complesso, nulla di epocale, ma risulta divertente, leggero e con una discreta componente di tensione e qualche piccolo elemento gore, gradevole.