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NANUK L'ESCHIMESE regia di Robert J. Flaherty

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stratoZ     9 / 10  02/12/2025 14:46:51 » Rispondi
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

Quando parlo di film come Nanook tendo a mettere da parte il più possibile la componente soggettiva, è il classico caso in cui bisogna inevitabilmente contestualizzare l'opera a livello storico, facendo le solite e dovute premesse sul fatto che considerate tutte le pellicole del muto andate perse nel corso degli anni tra guerre, incendi o semplice decadenza del materiale, non si può stabilire con assoluta certezza quale sia l'opera che per prima si sia spinta su determinati lidi, ecco, però, Nanook è uno di quei casi in cui sbilanciarsi non è del tutto sbagliato, si parla di quello che è considerato il primo documentario, almeno tra quelli che sono arrivati fino a noi, a partire dalla storica premessa all'inizio del film, nella quale Flaherty spiega la lunga genesi della pellicola, le difficoltà produttive, la nuova concezione dell'opera, nella quale il regista assieme alla sua telecamera viaggia fino al luogo oggetto della rappresentazione, in questo caso un remoto e freddo angolo di Canada dove vivono gli Inuk, e l'amaro destino di Nanook, deceduto di stenti solo due anni dopo la fine delle riprese.

L'opera è divisa in tre macro capitoli, ognuno dei quali mostra un determinato aspetto della vita degli Inuk, soffermandosi sulla famiglia di Nanook, la camera di Flaherty è come una presenza invisibile che si aggira tra i ghiacci del posto, introduce velocemente la famigliola, le usanze, mostra il loro stupore di fronte a tecnologie ancora mai arrivate a loro - la scena del grammofono - e successivamente approfondisce quella che è la concezione della sopravvivenza, le splendide scene di caccia, per lo spettatore occidentale, me compreso, troppo crude, ma senza reale cattiveria, solo per pura necessità, come la sequenza di caccia al samone, o quella successiva, in cui Nanook ed altri uomini con cui caccia intraprendono quella faticosa cattura del tricheco, per ottenerne il grasso, o la stessa cattura della volpe, per le pellicce, essenziali per la sopravvivenza, fino ad arrivare nel secondo capitolo alla fase di costruzione dell'igloo, dimora degli Inuk, dall'estrazione dei blocchi di ghiaccio alla compattazione degli stessi per creare la struttura, è tutto documentato con una visione non filtrata, se non da un montaggio che taglia le parti più statiche e dona a questa quotidianità una certa dinamicità, ma nel film c'è spazio anche per una componente melodrammatica intensa, che si palesa nelle parti finali, quelle della tempesta di neve, che mostra un popolo in balia delle rigide condizioni climatiche, la natura, madre, donatrice e carnefice dell'uomo, che da un lato dà, da un lato toglie, costringendo in una dolorosa sequenza a dover sacrificare gli husky per assicurarsi la salvezza.

Nanook nella sua rappresentazione così realistica si porta con sé svariati significati, dalle differenze culturali che implicano riflessioni sulla violenza e la percezione della stessa, la sensibilità, che varia inevitabilmente in base al contesto, fino al rapporto con la natura, in un braccio di ferro infinito con l'uomo nel quale l'uno prova a piegare l'altro al suo volere e viceversa, è un film che funziona sotto tutti i punti di vista da quello prettamente narrativo, alla semantica, estremamente adatta alla situazione rappresentata, fino a, come specificato prima, l'aspetto prettamente storico, vista l'enorme importanza dell'opera.