L'ultimo Woody, fino ad ora - ed in fondo spero non sia davvero l'ultimo -, è un film elegante e delicato, pervaso da quell'arguzia tipica della sua opera, siamo ad oltre il cinquantesimo film della carriera ed inevitabilmente le tematiche tendono a ripetersi, qui tratta alcuni dei suoi cavalli di battaglia, una storia d'amore adultero in un contesto altoborghese sardonicamente preso di mira dal regista, mischiando abilmente i registri della delicata commedia sentimentale con una componente thriller che fa capolino nella seconda parte, il risultato è parecchio gradevole, gli immersivi dialoghi ci portano nel cuore del rapporto che vi è tra i personaggi del film, fin dalla prima sequenza in cui questo scrittore un po' bohemienne incontra questa affascinante donna tra le vie di Parigi, entrambi di New York che per via del caso si incontrano in una città diversa, una vecchia conoscenza ai tempi della scuola, di cui era perdutamente innamorato ma non ha mai avuto il coraggio di dichiararsi, da qui i numerosi appuntamenti tra i due, per le vie di una Parigi in pieno autunno, il fascino dei parchi con le loro foglie appassite e i viali in stile liberty, una forte complicità tra un panino sulle panchine e una pasta nella sua umile mansarda - dice che fa una buonissima bolognese, avrei qualche dubbio su uno scrittore di New York che vive a Parigi, ma vabbè dai - dei momenti che fanno da contraltare alla vita col marito di lei, un miliardario dal passato fosco, di cui non si capisce bene il giro d'affari, che frequenta costantemente i posti più da ricchi della città, sempre con gente con la puzza sotto il naso e nel weekend vuole andare nella sua tenuta a caccia, un uomo che vive di ostentazione, che vuole a tutti i costi addobbare la bella moglie con i più costosi e sbrilluccicanti gioielli ma che nasconde una forte insicurezza di fondo, palesata da una particolare possessività, sotto questo punto di vista, Woody sembra ispirarsi ai modelli più classici, non è difficile scovare qualche omaggio a Jean Renoir, visti i punti in comune con "La règle de jeux", soprattutto nelle parti ambientate in campagna.
La possessività del marito ovviamente sfocerà in un'indagine nella quale scoprirà tutta la verità, andando ad eliminare il problema nella maniera più meschina, nella seconda parte la pellicola assume i connotati di un vero e proprio thriller, andando a giocare molto con la suspense, tramite anche l'invadente figura della suocera, sospettosa e sulle orme delle malefatte del marito, con diversi momenti particolarmente tesi, il tutto scandito da una componente del caso che fa da padrona e smorza ironicamente gli avvenimenti più importanti.
Devo dire, è un discreto lavoro, ennesimo colpo messo a segno di un regista che per oltre cinquant'anni ha mostrato una continuità incredibile, godibilissimo, elegante, acuto, teso, con diverse implicazioni sociali, niente male.