Lo trovo tra i meno riusciti di Van Sant, è un film sopra le righe in un periodo in cui il cinema postmoderno era al suo apice, rispecchiando, in diversi aspetti, le opere di colleghi come Tarantino, i Coen, Stone e compagnia bella, allo stesso tempo, l'autore inserisce un forte sottotesto femminista, che devo dire, è la componente più interessante di un film che si muove spesso tra un'interessante provocazione e velleitarie vicende di secondo piano, tra personaggi dimenticabili e dettagli che aggiungono ben poco al succo, la storia di questa ragazza, interpretata da Uma Thurman, nata con dei pollici giganti che le serviranno da grande per fare l'autostop, è un inno alla libertà sessuale, che si sviluppa nei meadri di un'America troppo ancorata ad un tradizionalismo dogmatico, funziona bene il contrasto col mondo dei cowboy, il ranch, luogo spesso associato ad una certa mascolinità tossica, come dissacrato da queste cowgirl, la storia d'amore lesbo con Bonanza, altra cowgirl che lavora al ranch ed i contrasti con le istituzioni per tutta la questione delle Gru, se la struttura, potenzialmente potrebbe funzionare, ho trovato troppo velleitaria la messa in scena, che si perde in diversi momenti arzigogolati e con aggiunte poco utili ai fini della narrazione, un grottesco fine a se stesso che non funziona neanche sotto il punto di vista del mero intrattenimento, facendo impantanare la stessa provocazione dell'autore.
Simpatiche le ambientazioni, tra New York e l'America di provincia, con una serie di nomi altisonanti in piccoli ruoli - Keanu Reeves, John Hurt, Udo Kier, Sean Young - e la dedica al buon River Phoenix, scomparso da poco.