Giordano Biagio 9 / 10 11/09/2005 11:21:24 » Rispondi Un film di grandi emozioni visive: deliri di immagini patologiche legate al reale di un presente malato di socialità. Immagini psichiche che intessono la storia di ciascuno dei personaggi confondendosi con i desideri dei sogni. L’effetto thriller è ottenuto grazie all’inquietudine che il desiderio procura per il suo essere mancanza, insicurezza, vuoto strutturato da forme pulsionali imprevedibili di sessualità e libido. Quest’ultime, guidate dal gioco del lavoro onirico dell’inconscio, finiscono per fondersi con la gestualità dell’azione. Si è tanto parlato e scritto di questo film scomodando soprattutto la psicanalisi. Ne sono scaturite elaborazioni psicanalitiche un po’ stereotipate, come quelle ad esempio che prendono in considerazione l’Io, l’Es, il Super-io senza una consistente nozione di inconscio. Perché questo interesse per la psicanalisi in Mulholland Drive? Solo perché nel film c’è abbondanza di deliri e sogni? D’accordo che l’oggetto della psicanalisi è l’inconscio e che le immagini che si formano nella psiche provengono da lì, ma se immaginassimo l’inconscio anche come qualcosa che non si separa mai in un altro tempo rispetto alla realtà razionale del quotidiano, le prospettive analitiche del film cambiano. Come dire che c’è psicanalisi sempre, anche nel sogno diurno ad occhi aperti, nelle fantasie che accompagnano l’attività razionale e irrazionale dei personaggi, nei pensieri degli interpreti che accompagnano ogni scena del film. E perché no anche nello spettatore che guarda lo schermo mettendo in gioco il suo film inconscio, la sua storia rimossa. La psicanalisi è perciò una forma di elaborazione culturale di ciò che accade nella nostra psiche non-stop e nel reale che la sollecita. Qualcosa che prende di mira il rimosso scomodo e il gioco che ne consegue. Talvolta cerchiamo, avvinti e sedotti dal mistero delle immagini e dei pensieri indotti, soddisfazioni immaginifiche legate a un senso andato perduto. Senso in qualche modo velato, divenuto enigmatico. Il cinema si presta in modo privilegiato all’interazione analitica con la psicanalisi perché è soprattutto un linguaggio di immagini. Immagini di cui non sappiamo prima da quali logiche scaturiscono. Il segreto della qualità di questo film sta nel non separare mai il sogno, il delirio, dalla realtà in cui si manifestano. Le cose acquistano perciò da sole, grazie alla ricchezza dei particolari visivi e ai dettagli messi in mostra dalla macchina da presa una valenza metaforica spettacolare. Da notare che la macchina da presa va sempre più intesa come uno dei protagonisti del film. Lynch propone una poesia del visivo che può fare a meno di una linea narrativa coerente perché il dettaglio di un particolare viene ingrandito fino ad assumere una dimensione surreale che suscita forti emozioni. Ma qual è il motivo principale che percorre questo film? Lo intendiamo grazie a ciò che il delirio ci mostra: l’omosessualità femminile. C’è paranoia visiva, sintomo, tragedia, per via di qualcosa che riguarda l’anormale del sesso, lo straordinario, l’ancora inammissibile e non omologabile nel civile dell’America puritana. Ma attenzione, l’omosessualità è un sintomo per Diane (Laura Elena Harring) perché sceglierà di vivere con un uomo anziché con una donna ed è invece qualcosa di ben più particolare per Betty (Naomi Watts) che dopo l’abbandono dell’amica e il conseguente omicidio finirà per suicidarsi. L’omosessualità quindi è intesa da Linch come questione analitica di impossibile soluzione. La logica del piacere che prova lo spettatore guardando questo film sta nella passione che suscita lo straordinario della vicenda umana legata all’omosessualità. Un punto di identificazione con qualcosa di oscuro che forse ci attira proprio perché riguarda tutti. Tendenze bisessuali innocenti che in qualche modo rimuoviamo in tenera età ma che ritornano violentemente là dove possono tenerci al riparo dall’incubo della minaccia di castrazione e dal tormento di recitare instancabilmente la scena della normalità virile o della femminilità normata dalle istituzioni.